Incostituzionale il trasferimento di volumi in favore delle attività agrituristiche nella legge regionale della Toscana di Fabio Cusano

Corte Cost 68 2023

La Corte costituzionale, con la sentenza n. 68 del 13 aprile 2023, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della Legge regionale della Toscana sui volumi derivanti da trasferimenti di volumetrie in favore dell’attività agrituristica.

Il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso questioni di legittimità costituzionale dell’art. 7, comma 1, della L.R. Toscana n. 15 del 2022, in riferimento all’art. 117, comma terzo, Cost.

Il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., per contrasto con i principi fondamentali statali in materia di governo del territorio. Secondo la difesa statale, i trasferimenti di cubatura, che possono essere utilizzati anche a distanza di chilometri dal contesto in cui si trovavano gli originari manufatti, consentirebbero di realizzare nuove costruzioni, tali da determinare l’aggravio del carico urbanistico e la proliferazione di volumetrie in zone agricole.

Prima di esaminare le censure mosse dalla difesa statale, la Consulta ha ricostruito brevemente il contesto normativo in cui si colloca la disposizione impugnata.

L’art. 7, comma 1, della L.R. Toscana n. 15 del 2022 aggiungeva il nuovo numero 3-bis) all’art. 17, comma 1, lettera c), della L.R. Toscana n. 30 del 2003, consentendo di destinare allo svolgimento dell’attività agrituristica «trasferimenti di volumetrie di cui all’articolo 71, comma 2, e all’articolo 72, comma 1, lettera a), della L.R. 65/2014, all’interno del medesimo territorio comunale o all’interno della proprietà aziendale la cui superficie sia senza soluzione di continuità e ricada parzialmente in territori di comuni confinanti, a condizione che si configurino come uno dei seguenti interventi: a) interventi di addizione volumetrica; b) interventi di trasferimento del volume in prossimità di edifici esistenti e qualora questo non comporti la necessità di realizzare opere di urbanizzazione primaria».

Nel tessuto normativo della L.R. Toscana n. 30 del 2003 che disciplina le attività agrituristiche, vengono così inserite, in primo luogo, le possibilità offerte dall’art. 71, comma 2, della L.R. Toscana n. 65 del 2014, che consente «i trasferimenti di volumetrie che non eccedono per singolo edificio aziendale il 20 per cento del volume legittimamente esistente», purché gli stessi non comportino il mutamento della destinazione d’uso agricola e siano salvaguardati i caratteri dell’edilizia storico-testimoniale. Inoltre, con il richiamo all’art. 72, comma 1, lettera a), della stessa L.R. Toscana n. 65 del 2014, viene altresì consentito l’utilizzo per finalità agrituristiche dei «trasferimenti di volumetrie ed addizioni volumetriche riconducibili alle fattispecie di cui all’articolo 71, commi 1-bis e 2».

In effetti, il previgente art. 17, comma 1, lettera c), della L.R. Toscana n. 30 del 2003, già consentiva di utilizzare per lo svolgimento dell’attività agrituristica le volumetrie «derivanti da: 1) interventi di sostituzione edilizia di cui all’articolo 71, comma 1, lettera l), della L.R. 65/2014; 2) addizioni volumetriche di cui all’articolo 71, comma 1, lettera g), della L.R. 65/2014; 3) addizione volumetrica di cui all’articolo 71, comma 1-bis, e all’articolo 72, comma 1, lettera a), della L.R. 65/2014». A queste categorie di interventi, già consentiti, la disposizione impugnata aggiunge ulteriori possibilità edificatorie, permettendo di utilizzare le volumetrie trasferite ai sensi degli artt. 71, comma 2, e 72, comma 1, lettera a), della L.R. Toscana n. 65 del 2014, purché volte a realizzare addizioni volumetriche, ovvero edifici in prossimità di altri già esistenti, qualora questo non comporti la necessità di opere di urbanizzazione primaria.

In riferimento alla disciplina dell’agriturismo, la giurisprudenza costituzionale è intervenuta per chiarire il corretto riparto delle competenze. È stato riconosciuto che la legge n. 96 del 2006 incide su una serie di ambiti materiali, alcuni di competenza legislativa residuale delle regioni (agricoltura e turismo), altri di competenza legislativa concorrente (governo del territorio, tutela della salute), altri ancora di competenza legislativa esclusiva dello Stato (tutela dell’ambiente e del paesaggio, tutela della concorrenza).

Le regioni, pertanto, allorquando la disciplina su cui intervengono incida sulle relative materie (di competenza legislativa statale esclusiva o concorrente), «devono uniformarsi unicamente ai princìpi, contenuti nella legge n. 96 del 2006, i quali siano espressione della potestà legislativa esclusiva o concorrente dello Stato» (sentenze n. 96 del 2012 e n. 339 del 2007).

La disposizione regionale in esame consentiva di realizzare interventi edilizi in zone agricole per finalità agrituristiche mediante utilizzo di volumetrie trasferite da altri lotti. Le richiamate previsioni afferivano pertanto all’ambito materiale «governo del territorio», di competenza legislativa concorrente.

Ad avviso della Consulta, è fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 7, comma 1, della L.R. Toscana n. 15 del 2022, promossa in riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost., per violazione dei principi fondamentali in materia di governo del territorio.

Viene innanzitutto in rilievo il denunciato contrasto della disposizione regionale impugnata con l’art. 3 della legge n. 96 del 2006, rubricato «Locali per attività agrituristiche». Al comma 1 esso stabilisce che «possono essere utilizzati per attività agrituristiche gli edifici o parte di essi già esistenti nel fondo». La possibilità di destinare immobili a finalità agrituristiche viene così limitata non in funzione di criteri quantitativi o dimensionali, ma attraverso il riferimento a quei soli edifici che siano, anche in parte, «già esistenti nel fondo», escludendo pertanto che ne possano essere costruiti altri ex novo.

La Corte ha già affermato che l’art. 3, comma 1, della legge n. 96 del 2006 costituisce un principio fondamentale nella materia «governo del territorio», che «pone un limite rigoroso, escludendo che possano essere destinati ad attività agrituristiche edifici costruiti ad hoc, non “già esistenti sul fondo” prima dell’inizio delle attività medesime». Ciò risponde all’esigenza di «prevenire il sorgere ed il moltiplicarsi di attività puramente turistiche, che finiscano con il prevalere su quelle agricole, […] con l’effetto pratico di uno snaturamento del territorio, usufruendo peraltro delle agevolazioni fiscali previste per le vere e proprie attività ricettive connesse al prevalente esercizio dell’impresa agricola» (sentenza n. 96 del 2012).

La delimitazione posta dall’art. 3, comma 1, in esame garantisce, dunque, un ragionevole equilibrio tra l’attività turistica e ricettiva, da un lato, e l’indispensabile mantenimento della vocazione agricola del territorio e dell’ambiente rurale, dall’altro. Interventi di trasformazione del territorio che – pur rispettando gli strumenti urbanistici – si pongano in contrasto con il principio in esame comportano un’alterazione dell’ambiente agreste, a vantaggio delle esigenze del turismo e dell’attività ricettiva. L’art. 3 della legge n. 96 del 2006 delimita dunque l’utilizzabilità degli edifici per finalità agrituristiche sotto un duplice profilo: da un lato, esso pone la condizione della necessaria “preesistenza” dell’edificio, o di una sua parte, rispetto all’inizio delle attività edificatorie; dall’altro lato, questa stessa condizione è riferita ad una precisa localizzazione sul territorio, là dove è stabilito che l’edificio utilizzabile per attività agrituristiche debba altresì essere ubicato «nel fondo».

Ebbene, la disposizione regionale impugnata non risulta rispettosa delle condizioni poste dal legislatore statale nella norma evocata a parametro interposto. Essa permette, infatti, l’utilizzo di volumetrie trasferite «all’interno del medesimo territorio comunale o all’interno della proprietà aziendale la cui superficie sia senza soluzione di continuità e ricada parzialmente in territori di comuni confinanti», permettendo dunque di destinare all’attività agrituristica volumetrie provenienti da fondi agricoli diversi ed esterni e anche non limitrofi, rispetto a quello in cui è svolta l’attività imprenditoriale. Infatti, nel consentire anche l’utilizzo di volumi trasferiti «all’interno del medesimo territorio comunale», la disposizione impugnata estende l’ambito territoriale di provenienza dei volumi che possono essere trasferiti: da quello corrispondente al fondo in cui è ubicata l’attività agrituristica – l’unico consentito dalla norma statale evocata quale parametro interposto – a quello dell’intero comune in cui tale fondo è localizzato.

Al riguardo va rilevato che, nella originaria formulazione, l’art. 17 della L.R. Toscana n. 30 del 2003 ha dato puntuale attuazione al principio stabilito dall’art. 3 della legge n. 96 del 2006, prevedendo, alla lettera b) del comma 1, la possibilità di utilizzare per attività agrituristica – oltre ai «locali siti nell’abitazione principale dell’imprenditore agricolo ubicata nel fondo o nei centri abitati», di cui alla lettera a) – anche «gli altri edifici o parti di essi esistenti sul fondo e non più necessari alla conduzione dello stesso». D’altra parte, il medesimo art. 17, al comma 1, lettera c), numero 1) – attraverso il richiamo all’art. 71, comma 1, lettera l), della L.R. Toscana n. 65 del 2014, che a sua volta richiama l’art. 134, comma 1, lettera l), della stessa legge – già consentiva di utilizzare volumetrie derivanti da «interventi di sostituzione edilizia».

Ciò che rileva è che l’art. 17, comma 1, lettera c), numero 1), tramite i richiami sopra riferiti, già prevedeva – ancor prima della modifica introdotta dalla disposizione impugnata – che tali interventi potessero «comportare una diversa collocazione dell’edificio ricostruito rispetto a quello preesistente». Pertanto, la traslazione di volumetrie utilizzabili per finalità agrituristiche risultava già consentita.

Deve tuttavia ritenersi che questa possibilità fosse riconosciuta solo all’interno del medesimo fondo agricolo. Questo risulta dal fatto che il legislatore regionale, con la disposizione impugnata, innovando rispetto al passato, ha voluto espressamente consentire l’utilizzo di volumetrie provenienti da fondi che, pur essendo compresi nel territorio del medesimo comune e pur avendo la medesima destinazione agricola, hanno in origine una diversa ubicazione, esterna al fondo destinato all’attività agrituristica.

Va inoltre sottolineato che la disciplina regionale impugnata consentiva di utilizzare le volumetrie trasferite – oltre che per le addizioni volumetriche – anche per «interventi di trasferimento del volume in prossimità di edifici esistenti» e quindi per la realizzazione di strutture per definizione diverse e autonome rispetto a quelle originarie. In relazione a questa tipologia di interventi, va senz’altro escluso che sia soddisfatto il requisito della “preesistenza” degli edifici. Infatti, anche a prescindere dalla indeterminatezza della nozione di «prossimità», è questa stessa indicazione a dimostrare che si tratta di strutture necessariamente separate e distinte rispetto a quella originaria: in quanto tali, esse non possono qualificarsi come «già esistenti». Anziché rispondere all’esigenza di recupero del patrimonio immobiliare esistente, i relativi interventi edilizi risultano volti ad ampliare l’area destinata all’attività agrituristica, in contrasto con il principio fondamentale posto dall’art. 3, comma 1, della legge n. 96 del 2006.

Infine, la disposizione regionale impugnata non specificava che il trasferimento di volume potesse essere effettuato per una sola volta. Sia pure nei limiti di densità stabiliti dai piani urbanistici e territoriali, essa consentiva di realizzare interventi di ampliamento su edifici la cui volumetria era stata già aumentata. Infatti, la disposizione impugnata non prevedeva il limite stabilito dal comma 1-bis dell’art. 71, che consente di eseguire gli interventi di addizione volumetrica per una sola volta. Inoltre, il testo precedente dell’art. 71, comma 2, all’ultimo periodo stabiliva che «i volumi trasferiti non si cumulano tra di loro». La nuova formulazione del comma 2 – introdotta dall’art. 25, comma 3, della L.R. Toscana 8 luglio 2016, n. 43 – ha eliminato il previgente divieto e il cumulo deve ritenersi ora permesso. Ciò conferma la possibilità di realizzare plurimi trasferimenti di volumetrie, cumulabili tra di loro, sia pure nei limiti previsti dagli strumenti urbanistici. In questo modo, vengono consentiti interventi di ampliamento su immobili la cui volumetria era stata già aumentata, eludendo così il limite posto dall’art. 3, comma 1, della legge n. 96 del 2006, consistente nell’utilizzabilità dei soli «edifici […] già esistenti».

In definitiva quindi, gli utilizzi di volumetrie trasferite, consentiti dalla disposizione impugnata, si risolvono nell’estensione delle possibilità edificatorie per finalità agrituristiche e, quindi, in interventi di trasformazione del territorio agricolo che esorbitano dalle finalità di recupero del preesistente patrimonio immobiliare. Attraverso questa estensione, l’intervento regionale in esame era idoneo a determinare lo snaturamento di quanto “preesisteva” nel fondo e finiva per vanificare quella finalità di recupero del patrimonio immobiliare in zone agricole e di equilibrato bilanciamento tra le esigenze del turismo e la tutela della vocazione agreste dei fondi, finalità che è a fondamento del limite previsto dal parametro interposto (sentenza n. 96 del 2012). La Corte ha, pertanto. dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 7, comma 1, della L.R. Toscana n. 15 del 2022, per violazione dei principi fondamentali in materia di governo del territorio e in particolare dell’art. 3, comma 1, della legge n. 96 del 2006.