Inammissibile il ricorso dei proprietari (potenzialmente) vicini al nuovo stadio della Roma, di Fabio Cusano

Con sentenza 30 maggio 2024, n. 11146, il TAR Lazio, Roma, sez. II, ha dichiarato inammissibile il ricorso dei privati cittadini avverso il progetto per il nuovo stadio a Roma.

Con un unico motivo di ricorso, si deduce la violazione e la falsa applicazione delle normative che disciplinano il procedimento speciale in questione (artt.62, D.L. 50/2017 e art. 1, comma 304 e ss., L. 147/2013, D.Lgs. 38/2021) nella misura in cui, in violazione dell’art.183, co.8 D.Lgs.n.50/2016, richiamato dalle predette disposizioni, il soggetto promotore non ha dichiarato di possedere i requisiti soggettivi previsti dal “secondo” codice dei contratti pubblici in tema di finanza di progetto, né Roma Capitale, prima di dare corso agli atti impugnati, li ha comunque verificati, con conseguente invalidità della proposta di cui allo studio di fattibilità presentato dalla Società proponente e illegittimità, in via derivata, degli atti adottati dall’Amministrazione.

La difesa della Società controinteressata deduceva:

– in rito, l’inammissibilità del ricorso sotto plurimi profili, fra cui:

a) difetto di legittimazione attiva, in quanto i ricorrenti non hanno fornito prova alcuna della titolarità del diritto di proprietà affermato sugli immobili ubicati nella zona di interesse;

b) carenza di interesse, nella misura in cui le avversate determinazioni, in special modo quella di conclusione della conferenza di servizi preliminare, non ledono in modo certo, concreto e attuale l’interesse dei ricorrenti, atteso che solo con la (successiva) presentazione del progetto definitivo sarà sciolta la riserva sull’inclusione o meno degli immobili in questione nel programma espropriativo e nella relativa “dichiarazione di pubblica utilità” ai sensi del D.p.r. n.327/2021;

– nel merito l’infondatezza del ricorso.

La difesa di Roma Capitale instava per la declaratoria di inammissibilità.

È fondata l’eccezione di inammissibilità del ricorso, sollevata dalle difese delle parti intimate, per quanto di seguito esplicato, e peraltro in alcun modo contrastata dalla difesa dei ricorrenti, in primo luogo con riguardo al difetto di legittimazione attiva. Si osserva infatti che i ricorrenti, anche a fronte della contestazione ad opera della difesa della controinteressata, non hanno fornito prova alcuna del titolo di proprietà asseritamente vantato sugli immobili siti in Roma. Del resto, la prova del titolo giuridico sottostante è condizione per fare ritenere sussistente la condizione di vicinitas rispetto alla località in cui il progetto in questione potrebbe essere realizzato (sulla vicinitas, quale corollario della legittimazione ad impugnare gli atti in materia edilizia e urbanistica, cfr., Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, n.22 del 9.12.2021). Per converso (e specie in caso di contestazione ad opera delle controparti, come nella fattispecie in esame), la mera allegazione del titolo è insufficiente a dimostrare la sussistenza della legittimazione, occorrendo piuttosto, in applicazione della generale regola ex art.2697 c.c., fornire in giudizio la relativa prova (sul punto, cfr., quam multis, Cass., civ., 18.4.2024, n.10519; Cass., civ., 14.3.2024, n.6930), essendo la legittimazione ad agire una condizione dell’azione, che il giudice è tenuto ad accertare ex officio.

Fermo quanto precede, ad avviso del Collegio è pure fondato il rilievo relativo alla carenza di interesse ad agire, in particolare sotto il profilo dell’attualità dello stesso.

Come messo efficacemente in evidenza dalle difese di entrambi i soggetti intimati, le determinazioni avversate attengono ad una fase preliminare del progetto, e volto alla futura realizzazione del nuovo stadio. In particolare, sia la determinazione conclusiva della conferenza di servizi preliminare che la dichiarazione di pubblico interesse attengono allo studio di fattibilità.

Spetterà al progetto definitivo, ancora da presentare, la compiuta perimetrazione dell’area interessata dal progetto, anche per le implicazioni di carattere espropriativo. Come pure risulta pacifico dalla complessiva prospettazione delle parti, le unità immobiliari (asseritamente di proprietà dei ricorrenti) si collocano ai margini ovest dell’area di intervento (non interferendo quindi con la futura realizzazione dello stadio), ossia nell’area accessoria destinata alla realizzazione (se del caso) delle opere funzionali (es. Parco dello Stadio). Unicamente nel progetto definitivo (recte: progetto di fattibilità tecnica ed economica) sarà valutata la necessità di procedere con i relativi espropri (salva la successiva conferenza di servizi decisoria), né, d’altra parte, parte ricorrente ha dimostrato, a prescindere dall’esproprio (che, come detto, resta tuttavia eventuale e in ogni caso subordinato all’adozione di future determinazioni), la sussistenza di pregiudizi ulteriori imputabili al progetto.

L’assunto che precede trova altresì conferma:

a) nell’indirizzo giurisprudenziale che nega l’autonoma lesività della determinazione conclusiva della conferenza di servizi preliminare ex art.14 bis, co.5 .n.241/90, gravata con il ricorso introduttivo (cfr., Tar Napoli, 5.11.2019, n.5236, secondo cui “Il modulo tradizionale di svolgimento della Conferenza di Servizi preliminare prevede che il privato può partecipare alla stessa solo come osservatore, trattandosi di un modulo procedimentale di coordinamento tra Pubbliche Amministrazioni, cui il privato rimane spettatore. Inoltre, la Conferenza di servizi preliminare, o predecisoria, si colloca a mezza via tra Conferenza istruttoria e decisoria. Si tratta di un modulo procedimentale che svolge la funzione di fornire indicazioni sulle condizioni per poter giungere ad una decisione favorevole. L’effetto specifico di tale tipo di Conferenza di Servizi è, quindi, da circoscrivere ad un autovincolo interno di natura istruttoria che, sia pure con forti limitazioni, non esclude decisioni difformi in sede di Conferenza di Servizi decisoria”). Tale impostazione non può non riverberare i propri effetti, in punto di interesse a ricorrere, anche nei confronti della dichiarazione di pubblico interesse ai sensi dell’art. 4, comma 4, del d.lgs. 38/2021, adottata a valle della conferenza preliminare;

b) nel disposto di cui all’art.4, co.5 D.Lgs.n.38/2021, recante disciplina vigente del procedimento amministrativo volto alla realizzazione dello stadio, in forza del quale il progetto di fattibilità tecnica ed economica “tiene conto” dell’esito della conferenza di servizi preliminare, lasciando chiaramente intendere che quest’ultima non rappresenta un vincolo tassativo, ma un parametro di riferimento per la redazione del progetto di fattibilità tecnica ed economica. Si osserva, peraltro, che nella previgente disciplina, di cui all’art.62, co.2, d.l. n.50/2017, convertito dalla L.n.96/2017 (successivamente abrogato dall’art. 12, comma 1, lett. f), D.Lgs. 28 febbraio 2021, n. 38), era prevista la possibilità, più restrittiva, di “discostarsene solo motivatamente”.

L’accoglimento delle eccezioni in rito consente di soprassedere dall’esame di merito delle doglianze prospettate.

Per quanto precede, il ricorso va dichiarato inammissibile.