Il terremoto. Tratto dal libro “Le Trasgressioni della memoria” di Paolo Urbani

Capitolo quindici
Il terremoto

6 aprile 2009: 309 morti e migliaia di sfollati. L’Aquila è a pezzi. Lo scopro la mattina presto accendendo il televisore, mio fratello arriva prima di me, percorrendo tutta la Salaria in moto per evitare i soccorsi in autostrada intasata di vigili del fuoco, militari etc.

Conservo sul computer le immagini di palazzo Lucentini, ha retto alla grande ma il tetto si è afflosciato sui solai e sugli affreschi dell’ultimo piano. Entro dopo una settimana nel palazzo, il chiostro seicentesco intatto, ma nell’appartamento “vestito” di mio nonno, calcinacci dappertutto, librerie piene zeppe di libri abbattute al suolo come fossero state colpite al petto da una fucilata, una consolle con un piano di marmo in salotto spezzato in due da un masso caduto dal tetto……, gli affreschi sugli stipiti delle porte sono in frantumi, sul soffitto enormi crepe attraversano putti in volo e angeli con i veli squarciati. Un mese dopo, i pompieri hanno già messo i tiranti per reggere il tetto, la casa dall’esterno è tutta incatenata come un grande salame di montagna. Sei mesi dopo un Tir enorme raggiunge a mala pena la piazzetta antistante il palazzo, un lungo elevatore raggiunge le finestre del secondo piano. Scendono mobili, le casse dei libri, piatti, bicchieri, vettovaglie, i bauli riposti in soffitta, quadri, suppellettili, coperte, lenzuola, comò, armadi di legno massello, i divanetti e le sedie di vimini, scatole, scatole, scatole di cartone con scritto sopra, salotto, studio, letto, cucina…… Dove sarà finito il putto di ghisa col braccio fascista……e la gabbia di legno intarsiato…… La processione continua per ore.

Il 26 novembre 2016 la ditta appaltatrice mi consegna il certificato di agibilità dopo aver iniziato i lavori del 2013 per ricostruire, restaurare per aggregati……le case del centro storico. La sovrintendenza dei beni culturali ha vigilato sul recupero del palazzo cui è apposto un vincolo fin dal 1908 “nei suoi arredi esterni ed interni”, si è occupata con zelo nel restauro degli affreschi e dei capitelli del colonnato.

Nelle mie continue visite alla casa un giorno mi avvicina una delle restauratrici sempre appese alle scale lavorando a testa in su sugli affreschi del salone che sono i più belli e, prendendomi da parte mi dice: dottore, guardi ho parlato con il Sovrintendente e ci siamo accorti che sotto queste pitture probabilmente si celano altri colori di disegni che a nostro avviso sono proprio seicenteschi e non ottocenteschi come questi. Che ne pensa? Ci da l’autorizzazione a procede a rimuoverli?

La guardo, alzo la testa, penso a quanto lavoro è stato fatto, penso ai molti aquilani le cui case sono ancora da restaurare… No! Guardi! Lo Stato ha già fatto abbastanza e senza lo Stato non sarebbe stato possibile ridare vita a questo palazzo.
Un altro Tir si è ripresentato nella piazzetta un paio di mesi fa, mentre in tutto il centro storico sono stati realizzati i cavedi sotterranei che fanno di L’Aquila la prima vera città smart, dove corrono tubi, fili, gas, linee informatiche etc.
Si accede direttamente scendendo sottoterra e si aprono tunnel illuminati come fosse l’interno di un enorme sommergibile.

La processione è ricominciata: sono tornati a casa, non tutti, ma molti hanno ritrovato il loro posto: il museo è pronto ora ci vogliono i visitatori.