Il principio di proporzionalità nella perequazione: il ruolo del giudice amministrativo e la funzione sociale della proprietà di Luca Golisano

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Il principio di proporzionalità nella perequazione: il ruolo del giudice amministrativo e la funzione sociale della proprietà di Luca Golisano

La tecnica perequativa non va inquadrata all’interno del solo ambito di pianificazione per accordi, in quanto costituisce lo strumento per accedere ad un’urbanistica solidale, ovverosia per garantire la realizzazione della “città pubblica” mediante il coinvolgimento diretto dei privati che, a fronte di una remunerazione dei propri interventi, realizzano le necessarie infrastrutture territoriali anche in misura eccedente a quanto strettamente parametrato per legge.
Tuttavia l’assenza di un’espressa disciplina statale, salvo il solo richiamo al contributo straordinario introdotto dal decreto “Sblocca Italia”, e la formulazione di previsioni meramente programmatiche nella legislazione regionale espongono i privati al rischio di “false perequazioni” che si traducono in vincoli sostanzialmente espropriativi, qualora le richieste dell’amministrazione comunale non si giustifichino in rapporto agli indici edificatori riconosciuti.
A tal fine interviene il principio di proporzionalità secondo l’attuazione riconosciutagli nel caso concreto dal giudice amministrativo, il quale esercita un controllo non sulla perequazione, come sostenuto da parte della dottrina, bensì sulla solidarietà.
Il giudice, in assenza di una espressa disciplina in materia perequativa ed in deroga all’ordinaria disciplina sugli standard, è chiamato ad accertare il corretto bilanciamento tra gli oneri posti a carico del privato ed il correlato riconoscimento di premialità edificatorie; si tratta pertanto di garantire un ragionevole equilibrio tra “taking e compensation”.
Tale riflessione trova conferma nella più recente giurisprudenza del Tar Lombardia ed in particolare nelle sentenze della Sezione staccata di Brescia, n. 886 del 6 luglio 2017 e n. 423 del 18 aprile 2018.
Il giudizio più recente concerne il ricorso di una società proprietaria di un’area situata presso la riva del lago di Garda ed occupata da un albergo, nonché da un giardino pertinenziale riservato ai clienti. Mediante l’impugnazione, la ricorrente censura l’approvazione del PGT del Comune di Sirmione nella parte in cui introduce un vincolo espropriativo sulla fascia più vicina al lago e conseguentemente riduce la superficie edificabile senza però aumentare l’indice fondiario riconosciuto alla zona. Pertanto secondo la ricorrente, la riduzione del diritto edificatorio e la sottrazione dell’area pertinenziale necessaria a garantire l’attrattività dell’albergo colpirebbero in modo irragionevole ed incongruente l’utilità economica della propria offerta ricettiva, in violazione del principio di proporzionalità che, nel caso di specie, sembra includere anche quello di ragionevolezza.
Nonostante il ricorso venga rigettato, a causa della decadenza del vincolo espropriativo e delle limitate possibilità di difesa nei confronti della reformatio in peius conseguente al vincolo conformativo, sono focali le considerazioni di carattere generale riportare dal TAR.
Secondo la Sezione di Brescia: << le scelte urbanistiche, pur essendo ampiamente discrezionali, devono rispettare i principi della materia. In particolare, è necessario che siano individuati in modo trasparente gli obiettivi di interesse pubblico da cui derivano benefici e rendite di posizione per alcuni proprietari, e vincoli o limitazioni per altri. Tutte queste conseguenze della pianificazione devono essere collegate in un disegno perequativo (…) misurando i vincoli e le limitazioni con il parametro della proporzionalità rispetto agli obiettivi di interesse pubblico, e riconducendo una parte dei benefici e delle rendite a vantaggio dell’intera collettività>>.
All’espropriazione deve dunque subentrare la perequazione in grado di fornire un più efficace contemperamento tra interessi pubblici e privati, nonché di consentire un risparmio per le finanze pubbliche; a sua volta, la corretta applicazione della tecnica perequativa è garantita dalla categoria degli extra-oneri in quanto, prosegue il giudice amministrativo, << (tale categoria di oneri) restituisce alla collettività una parte delle rendite create dalle nuove e più vantaggiose regole urbanistiche>>.
Viceversa, nella prima pronuncia è altresì possibile esaminare il nuovo ruolo esercitato dal giudice nell’applicazione del principio di proporzionalità. Più precisamente, nel giudizio si assiste all’impugnazione, da parte della società ricorrente, della deliberazione consiliare del Comune di Solza con la quale si approva il nuovo PGT che inserisce in unico ambito di trasformazione produttiva sia di una parte dell’area di proprietà della ricorrente che del terreno della controinteressata.
Già precedentemente, mediante osservazione presentata a seguito dell’adozione del piano, la ricorrente richiedeva la suddivisione dell’ambito di trasformazione in due unità d’intervento minime, con possibilità di edificazione separate, nonchè di ricomprendere all’interno di una di tali unità l’intero terreno di propria proprietà; richiesta quest’ultima volta ad ottenere una maggiorazione delle potenzialità edificatorie.
Con il ricorso, il piano approvato viene censurato nella misura in cui inserisce nel medesimo ambito di intervento due aree con caratteristiche distinte e poiché impone un vincolo ambientale cui tuttavia segue la riduzione dei diritti edificatori funzionali alle necessarie risorse economiche. Nella pronuncia, il Tar entra nel merito delle scelte dell’amministrazione valutandole alla luce dei “pesi e contrappesi” entro i quali si esercita la discrezionalità pianificatoria. Nel caso di specie, il giudice sanziona espressamente l’inclusione del terreno in un progetto di riqualificazione sia della zona industriale che della zona agricola circostante, <<senza la previsione, in un quadro perequativo, di una quantità di diritti edificatori proporzionata all’impegno da sostenere>>.
La perequazione ed il correlato principio proporzionale vengono espressamente collocati alla base del ragionamento giuridico.
Da un lato <<il ripristino dei caratteri naturalistici deve essere perseguito con gli strumenti della perequazione, e quindi in primo luogo con misure incentivanti>> in quanto a fronte degli obblighi di riqualificazione si rendono necessarie compensazioni che salvaguardino il valore della proprietà; dall’altro il ricorso è parzialmente accolto alla luce del principio di proporzionalità, posto che si impone la rivalutazione in sede amministrativa della possibilità di aggregare le sole aree omogenee nell’ambito di trasformazione, operazione che, conformemente al principio, consentirebbe di <<raggiungere uno scambio ragionevole tra utilità pubbliche e private con un minore aggravio per la ricorrente>>.
Dunque, nella sentenza richiamata, è possibile osservare come il controllo di proporzionalità si traduca in una ricostruzione, seppur nei limiti del petitum, del percorso logico che ha condotto alla decisione amministrativa al fine di verificare la legittimità della stessa. Viceversa per quanto concerne gli oneri esorbitanti è da escludersi la natura vessatoria o confiscatoria dei medesimi, i quali non possono alterare il mercato immobiliare né, dati i costi successivi, rendere per i proprietari coinvolti maggiormente conveniente la vendita dei lotti edificabili piuttosto che la realizzazione degli interventi.
Infine nell’ottica di una riflessione più ampia, dal momento che i confini delle zone cui ancorare gli standard sono ormai superati dalla flessibilità della pianificazione operativa, si dovrebbe procedere ad una nuova parametrazione delle dotazioni territoriali ancorandole non alla posizione delle aree, bensì all’entità delle trasformazioni concordate con l’amministrazione ; ciò devolvendo al giudice amministrativo il controllo sulla proporzionalità del contributo dei privati alla realizzazione delle infrastrutture pubbliche Si potrebbe dunque ipotizzare una normativa che configuri espressamente gli extra-oneri in termini di legittime entrate delle amministrazioni comunali, le quali garantirebbero altresì maggiori risorse pubbliche per sostenere le spese correlate alla reiterazione dei vincoli espropriativi, ove necessari.
Mantenendo l’attenzione sulla giurisprudenza del giudice amministrativo lombardo, va menzionata una recente controversia, TAR Lombardia, sez. I, 29 ottobre 2018, n. 2423, in cui il ricorrente impugna il Piano di Governo del Territorio adottato dal Consiglio Comunale di Muggiò con la deliberazione n. 15 del 9 aprile 2009.
Nello specifico si contesta l’obbligo di cedere il 40 % della volumetria al Comune al fine della realizzazione dell’edilizia economico popolare, denunciando sia la violazione del principio generale di proporzionalità che la disparità di trattamento con riferimento ad altri proprietari di immobili collocati in analoghi contesti urbani in cui si ammette l’intervento diretto o comunque non si impone detta cessione.
Il ricorso viene dichiarato infondato in quanto la cessione volumetrica richiesta dal Comune trova piena legittimazione nell’art.1, comma 258, della Legge Finanziaria del 2008; inoltre, nonostante il principio proporzionale non costituisca il principale oggetto delle argomentazioni richiamate dal TAR Lombardia nel rigettare il ricorso, è interessante vedere come il Giudice amministrativo abbia ricondotto la prassi degli extra-oneri non alla copertura legislativa riconosciuta al contributo straordinario, bensì alla funzione sociale della proprietà.
In particolare, il TAR riassume che: <<Invero, se da un lato la Costituzione riconosce e tutela la proprietà privata in tutte le sue manifestazioni ed espressioni (art. 42, 1 comma), dall’altra la stessa Costituzione prescrive limiti e vincoli all’esercizio del diritto di proprietà ed alla proprietà in sé volti sia ad assicurarne la “funzione sociale” ed “a renderla accessibile a tutti” (art. 42, 2 comma), sia a stabilire “equi rapporti sociali” (art. 44 Cost.). Inoltre, l’utilità sociale della proprietà costituisce anche una limitazione all’esercizio della libertà economica di impresa privata (art. 41., 2 comma Cost.); il tutto nel rispetto dei principi fondamentali di solidarietà sociale (art. 2 Cost.) e di equità sostanziale (art. 3 Cost., commi 1 e 2). Anche tale censura (relativa alla violazione del principio generale di proporzionale) pertanto è priva di fondamento.>>.

Si allegano, in ordine cronologico, le sentenze rappresentanti la riportata giurisprudenza del Tar Lombardia

 

Tar Lombardia, sez. I (Brescia), n. 886 2017

Tar Lombardia, sez. I (Brescia), n. 423 2018 doc.

Tar Lombardia, sez. I, n. 2423 2018