I Piani Casa non costituiscono strumenti di sanatoria per gli abusi già realizzati di Fabio Cusano

TAR_RM_1464_2023

Con la sentenza 27 gennaio 2023, n. 1464, il TAR Lazio-Roma, sez. II stralcio, ha stabilito che il Piano Casa (nella specie previsto dalla L.R. Lazio 21/2009) non costituisce uno strumento di sanatoria per abusi già realizzati – essendo la disciplina sanante anch’essa di carattere speciale – e, non essendo quella della sanatoria la ratio ispiratrice della relativa disciplina, le relative previsioni non possono essere invocate al fine di conferire legittimità ad interventi effettuati senza titolo, neanche laddove tali interventi sarebbero stati in ipotesi assentibili ai sensi del Piano casa (previa presentazione di apposita istanza). Inoltre, ai sensi del Piano Casa, non sono assentibili interventi su edifici realizzati abusivamente.

Oggetto del giudizio è stata l’impugnazione della determinazione dirigenziale con la quale è stata ingiunta la demolizione di opere realizzate senza titolo. L’impianto difensivo articolato a sostegno della proposta azione impugnatoria si basa interamente sul richiamo alla L.R. Lazio n. 21/2009 – c.d. Legge sul Piano Casa – sulla cui base le opere oggetto del gravato ordine di demolizione sarebbero da considerare legittime e il gravato provvedimento sarebbe viziato per avere l’Amministrazione omesso di considerare la legittimità delle opere alla luce della predetta normativa, in violazione della relativa ratio, senza peraltro essere accompagnato da una congrua motivazione che ne giustifichi la deroga.

Ad avviso del TAR, le ragioni dell’infondatezza delle censure proposte risiedono nella assorbente considerazione che parte ricorrente non ha mai presentato alcuna istanza ai sensi del Piano Casa al fine di chiederne l’applicazione, risolvendosi la fattispecie nella realizzazione di opere senza alcun titolo legittimante delle quali, ex post e a seguito dell’ordine di demolizione, viene in astratto affermata la conformità ad una legge tuttavia non applicabile – mancandone la preventiva istanza – le cui previsioni, in astratto compatibili con le opere abusive, dovrebbero renderle legittime.

Non essendosi parte ricorrente avvalsa dello strumento del Piano Casa al fine di realizzare i contestati ampliamenti, presentando in via preventiva o una DIA o un permesso di costruire, deve rilevarsi come le previsioni della L.R. Lazio n. 21/2009 non possano operare in via di sanatoria postuma – anch’essa, peraltro, non richiesta – trattandosi di disciplina speciale che consente, in deroga a determinati parametri, opere comportanti incremento volumetrico di edifici ancora da realizzare, con esclusione dal suo campo di applicazione – per come previsto dall’art. 2, comma 2, della medesima legge, come modificato dalla L.R. Lazio n. 10/2011 – degli interventi realizzati in assenza o in difformità dal titolo abilitativo.

Non essendo il Piano Casa uno strumento di sanatoria per abusi già realizzati – essendo la disciplina sanante anch’essa di carattere speciale – e non essendo quella della sanatoria la ratio ispiratrice della relativa disciplina, le relative previsioni non possono essere invocate al fine di conferire legittimità ad interventi effettuati senza titolo, neanche laddove tali interventi sarebbero stati in ipotesi assentibili ai sensi del Paiano Casa (previa presentazione di apposita istanza, nella specie- come detto – mancante). Inoltre, ai sensi del Piano Casa, non sono assentibili interventi su edifici realizzati abusivamente.

Quanto all’immobile dei ricorrenti risulta essere stata presentata istanza di sanatoria ai sensi della legge n. 47/1985 ma non vi è alcuna allegazione circa l’intervenuto rilascio del titolo di condono, contrariamente a quanto affermato da parte ricorrente. Ne consegue che opera la preclusione normativa all’applicazione del Piano Casa, trattandosi di immobile non legittimato, il cui carattere abusivo permane fintanto che non viene esitata favorevolmente l’istanza di sanatoria.

Rilievo preminente riveste la mancanza di una qualsiasi attivazione da parte ricorrente al fine di ottenere un titolo ai sensi del richiamato Piano Casa o della successiva Legge sulla Rigenerazione Urbana di cui alla legge regionale n. 7/2017, anch’essa richiamata, il che rende del tutto non pertinenti i richiami alle relative prescrizioni e l’affermata conformità degli abusi alle stesse.

Seguendo il ragionamento di parte ricorrente, qualsivoglia intervento, posto in essere senza titolo, sarebbe da considerarsi legittimo dal punto di vista edilizio ed urbanistico per il solo fatto che vi è una norma che lo prevede in astratto, con conseguente radicale disapplicazione delle previsioni che richiedono che ogni intervento, fatta eccezione per quelli riconducibili all’edilizia libera, sia assistito da un titolo legittimante e vanificazione dei principi cardine della materia edilizia.

Dal che discende la pretestuosità delle deduzioni di parte ricorrente, incentrate solo sulla coerenza delle opere abusive con il Piano Casa, addossando all’Amministrazione l’omissione della verifica della loro compatibilità con il Piano Casa, laddove incombe sulla parte privata munirsi in via preventiva di un tiolo legittimante gli interventi edilizi o di agire in sanatoria mediante presentazione di apposita istanza, senza che l’Amministrazione sia in alcun modo tenuta a verificare la potenziale applicabilità di tali norme, dovendo la stessa limitarsi alla ricognizione del carattere abusivo delle opere ed adottare i conseguenti provvedimenti repressivi.

Venendo in rilievo un intervento che ha comportato un incremento di superficie utile e di volume, come tale necessitante di permesso a costruire, correttamente ne è stata ordinata la demolizione, non potendosi applicare l’invocata sanzione pecuniaria sul presupposto che, ai sensi del Piano Casa, sarebbe sufficiente la mera DIA, tenuto conto che la relativa disciplina è del tutto estranea alla fattispecie in esame, non essendone mai stata chiesta l’applicazione.

In conclusione, il ricorso è stato rigettato.