A un paio di settimane dall’approvazione in Commissione Bilancio della Camera di un emendamento al decreto Rilancio per l’estensione delle concessioni balneari fino al 2033, arriva una sentenza del Consiglio di Stato che mette gli operatori davanti alla realtà. Se la politica non ha ancora varato una riforma sulla gestione del demanio marittimo e fa più fatica a imporre dei limiti venendo incontro a ciò che da tempo chiede l’Ue, ancora una volta è la giurisprudenza a indicare la strada. Così i giudici di Palazzo Spada invitano all’applicazione della direttiva Bolkestein, che impone la messa a bando in Unione europea di tutte le concessioni pubbliche.
IL CASO –Nella sentenza del Consiglio di Stato, numero 4610, i giudici si sono espressi rispetto all’appello contro una sentenza del Tar di Bari che, il 9 luglio 2015, aveva già respinto in primo grado un ricorso per ottenere l’annullamento di una determina dirigenziale (n. 2013/15) del Comune di Bari. Un atto con cui l’Ente disponeva la prosecuzione della selezione pubblica avviata dalla Capitaneria di porto di Bari per il rinnovo di due concessioni demaniali, in relazione a un locale nell’area demaniale del porticciolo di Torre a Mare. Il Consiglio di Stato ha dato ragione al Tar, ritenendo corretta la procedura comparativa per la selezione pubblica avviata prima dalla Capitaneria di Porto di Bari e poi da Comune di Bari (dopo il trasferimento della competenza nel rilascio delle concessioni, per effetto di una nuova normativa regionale).
LA SENTENZA – La sentenza del Consiglio di Stato, di fatto, ricorda che “le concessioni balneari sono occasioni di guadagno e vanno messe a gara”. In particolare, i giudici amministrativi sottolineano che la giurisprudenza nazionale aveva già largamente aderito all’interpretazione dell’articolo 37 del Codice di navigazione “che privilegia l’esperimento della selezione pubblica nel rilascio delle concessioni demaniali marittime”. Questo per rispondere all’esigenza di applicare le norme conformemente ai principi comunitari in materia di libera circolazione dei servizi, di par condicio, di imparzialità e di trasparenza, “derivanti dalla direttiva 123/2016 (la Bolkestein, appunto) – si legge nella sentenza – essendo pacifico che tali principi si applicano anche a materie diverse dagli appalti, in quanto riconducibili ad attività suscettibili di apprezzamento in termini economici”. La procedura di rilascio delle concessioni balneari deve, pertanto, essere caratterizzata “dalla preventiva verifica, da parte dell’amministrazione procedente, circa l’esistenza ed il numero dei soggetti interessati ad ottenere il vantaggio economico collegato all’ottenimento della concessione”.
I RIFERIMENTI LEGISLATIVI –Il Consiglio di Stato si spinge nel dettaglio, richiamando il primo comma dell’articolo 37 del Codice della navigazione: “Nel caso di più domande di concessione, è preferito il richiedente che offra maggiori garanzie di proficua utilizzazione della concessione e si proponga di avvalersi di questa per un uso che, a giudizio dell’amministrazione, risponda ad un più rilevante interesse pubblico”. Si cita, a riguardo, anche l’articolo 9 della legge regionale della Puglia 17/2006, secondo cui in caso di più domande riguardanti, in tutto o in parte, la stessa area o bene “è effettuata, in via combinata e ponderale, in relazione alla tipicità delle aree medesime, la comparazione valutando in particolare le caratteristiche del progetto in ordine alla tutela del paesaggio e dell’ambiente, all’utilizzo di materiali e tecnologie eco-compatibili e di facile rimozione, all’incremento del livello occupazionale, alle concessioni dichiarate decadute o revocate in contrasto con il Piano comunale delle Coste”.
da il Fatto Quotidiano