La prima pronuncia del Tar Toscana, che aveva già dato ragione al Comune di Firenze, è del 21 febbraio 2019. Già in quella ordinanza si leggeva: “Le norme impugnate da un lato continuano a limitare in modo sostanziale le trasformazioni degli immobili di interesse storico architettonico e documentale siti nel centro storico della città e dall’altro costituiscono un necessario adeguamento alle novità normative ed ai consolidati orientamenti giurisprudenziali in materia di interventi sul patrimonio edilizio esistente”.

In seguito al ricorso di Italia Nostra, il Consiglio di Stato aveva poi disposto la sospensiva rinviando gli atti al Tar Toscana per la pronuncia di merito. Dal 24 luglio scorso, a seguito della precisazione depositata al Tar da parte dell’associazione Italia Nostra, gli effetti della sospensiva sono cessati nell’area fuori dal centro con conseguente sblocco dei cantieri in questa parte di città. La pronuncia di oggi sblocca i lavori anche in centro storico.

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Cautela sulla variante al Regolamento Urbanistico comunale fiorentino, di Lorenzo De Poli

I giudici della IV sezione del Consiglio di Stato, con l’ordinanza n.2590/2019, cds 2590:2019 avevano accolto l’appello per la riforma dell’ordinanza cautelare  del Tar Toscana, I sezione, n.137/2019, concernente l’impugnazione delle deliberazioni di adozione e di approvazione della variante al vigente regolamento urbanistico comunale, nella parte in cui dispone l’aggiornamento della definizione del limite di intervento da applicare al patrimonio edilizio esistente, classificato di interesse storico-architettonico e documentale.

Il Giudice di prime cure, nel respingere la domanda cautelare, non ha ritenuto sussistente il requisito del fumus boni iuris atteso che le norme impugnate «da un lato continuano a limitare in modo sostanziale le trasformazioni degli immobili di interesse storico architettonico e documentale siti nel centro della Città e dall’altro costituiscono un necessario adeguamento alle novità normative ed ai consolidati orientamenti giurisprudenziali in materia di interventi sul patrimonio edilizio esistente».

Nello specifico, la variante all’art. 13 del RU comunale, nella parte relativa alla disciplina degli interventi consentiti, introduce oltre ai già previsti interventi di manutenzione ordinaria, manutenzione straordinaria e, restauro, quelli di risanamento conservativo e di ristrutturazione edilizia. Sebbene l’aggiornamento preveda al comma 6.1. dell’art. 13, l’introduzione di limitazioni per gli interventi di ristrutturazione edilizia su immobili classificati come emergenze di valore storico-architettonico, i dubbi sollevati dalla parte ricorrente risultano essere pienamente condivisibili.

Ciò risulta evidente se si legge la disposizione contenuta al comma 1.10 dell’art. 77 RU, dalla quale, per effetto della variante, viene espunto l’assoggettamento ad interventi di restauro e di risanamento conservativo per quegli immobili già soggetti a interventi conservativi, lasciando così spazio ad interventi di ristrutturazione edilizia.

Gli aspetti qui richiamati sono stati apprezzati in sede di Appello, laddove la IV sezione ha riconosciuto la sussistenza del fumus boni iuris.

In particolare, il Consiglio di Stato ha ritenuto meritevole di approfondimento in sede di merito i seguenti punti:

  1. il rapporto tra la variante al vigente RU comunale (che ha aggiornato e definito il limite dell’intervento da applicare al patrimonio edilizio esistente, classificato di interesse storico-architettonico), e la natura dell’intervento edilizio effettivamente consentito, sotto il profilo della persistenza e dell’entità dei limiti;
  2. il valore degli edifici che formano il tessuto urbano del centro storico, anche alla luce della disciplina protettiva e vincolistica di cui al D.lgs. n. 42/2004 di cui alla Convenzione UNESCO del 2005, considerata anche la peculiarità della città di Firenze;
  3. la coerenza della variante con gli obiettivi del Piano Strutturale e con le caratteristiche del territorio fiorentino.

Ha ritenuto, inoltre, sussistente il periculum in mora derivante dal rilascio, nelle more del giudizio, di eventuali titoli abilitativi edilizi, con grave pregiudizio, sia per il patrimonio storico e artistico della città che per l’economia delle risorse della pubblica amministrazione, nell’assunzione del rischio di svolgere attività sostanzialmente inutile, ed, infine, per l’interesse dei privati ad esercitare lo ius aedificandi, sulla base di un ragionevole affidamento. Interessi questi, tutti costituzionalmente garantiti (artt. 9 e 41 Cost.)

Per questi motivi, i giudici della IV sezione hanno accolto l’istanza cautelare.

Lorenzo De Poli