Nella camera di consiglio del 31 gennaio 2019, la Sezione Sesta del Consiglio di Stato si è pronunciata sul ricorso promosso per la riforma della sentenza del TAR Veneto n.1049/2017.
La vicenda vede coinvolta una società conduttrice di una unità immobiliare su due piani (piano terra e primo piano collegati da scala a chiocciola) ad uso commerciale che estendeva la locazione ad un locale situato al primo piano dell’edificio adiacente, sino ad allora destinato ad uso sanitario. Detta società procedeva quindi, alla redistribuzione degli spazi interni, attraverso divisori in cartongesso.
A seguito di tali interventi, la società vedeva respinta la domanda di concessione in sanatoria dal competente comune.
Tra i vari motivi di appello, merita particolare attenzione il quinto riguardante la provvisorietà delle pareti divisorie (in cartongesso) da cui deriverebbe la disciplina di deroga a divieti imposti dalle norme tecniche oggetto del contenzioso.
Secondo i giudici di Palazzo Spada, per qualificare un’opera come precaria, si deve seguire non il criterio strutturale, ma il criterio funzionale. Ciò vuol dire che bisogna prescindere dalla maggiore o minore amovibilità della struttura o dai materiali utilizzati, ma guardare alla naturale destinazione della costruzione.
Dunque, la precarietà può essere individuate nei seguenti requisiti: a) nell’essere realizzata per una destinazione obiettiva, rivolta ad una necessità contingente; b) nell’intenzione di rimuovere la struttura a seguito del venire meno della necessità del soddisfacimento dell’esigenza temporanea; c) nella provata esistenza di un rapporto di strumentalità con la situazione di necessità temporanea.
Lorenzo De Poli