Sentenza TAR Brescia – 22 ottobre 2005 – n.1043 in materia di perequazione urbanistica

di 15 Febbraio 2006 Giurisprudenza

Tribunale Amministrativo per la Regione Lombardia – Brescia

Sentenza 22 ottobre 2005 – n. 1043; Pres. Mariuzzo, Est. Mielli; Pozzoni c. Comune di Cisano Bergamasco

1. La tecnica di pianificazione ispirata al principio della perequazione urbanistica prevede che le proprietà inserite in un determinato ambito di intervento vengano investite contemporaneamente del beneficio dell’edificabilità e del peso di contribuire all’elevazione della qualità urbana generale e si estrinseca nella formazione di comparti entro cui i proprietari sono trattati tutti in modo identico (cfr. Tar Campania Salerno, Sez. I, 7 agosto 2003, n. 844; Tar Campania Salerno, Sez. I, 5 luglio 2002, n. 670; Tar Emilia Romagna Bologna, Sez. I, 19 dicembre 2001, n. 1286; Tar Emilia Romagna Bologna, Sez. I, 14 gennaio 1999, n. 22).

2. E’ tuttavia chiaro che l’equa distribuzione dei diritti edificatori, conserva una valenza di carattere eminentemente urbanistico: ha infatti il solo obiettivo di evitare che il beneficio collettivo derivante dalla pianificazione, venga sopportato solamente da alcuni dei proprietari degli immobili, mentre altri, in analoga condizione di fatto e di diritto al momento di approvazione dello strumento urbanistico generale, beneficino, direttamente e indirettamente, solo di consistenti utilità economiche.

3. Risulta invece estraneo agli obiettivi della perequazione urbanistica, ogni finalità, per la quale difetterebbe ogni fondamento normativo e costituzionale, di redistribuzione della ricchezza fondiaria tra i vari proprietari di aree comprese nel comparto, con lo scopo di pervenire ad una distribuzione egualitaria dei benefici economici derivanti dalla pianificazione, indipendentemente dalla consistenza e dall’estensione delle aree dei singoli proprietari.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia – Sezione staccata di Brescia – ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso n. 91 del 2003 proposto da

PIETRO POZZONI

rappresentato e difeso dagli Avv.ti Patrizio Bernini e Maria Pia Ferretti Belli ed elettivamente domiciliato presso lo studio di quest’ultima in Brescia, via Milano, n. 2

contro

il COMUNE DI CISANO BERGAMASCO

costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso dall’Avv. Antonio Di Vita domiciliato in Brescia, presso la segreteria della Sezione, in via Malta 12;

e nei confronti

della PARROCCHIA DI SAN ZENONE

non costituitasi in giudizio

e nei confronti di

MARIA MALIGHETTI

non costituitasi in giudizio

e nei confronti di

ROBERTO VANALLI

non costituitosi in giudizio

per l’ANNULLAMENTO

della deliberazione del Consiglio comunale n. 50 del 26.9.2002, recante "esame osservazioni ed approvazione definitiva dei piani particolareggiati di via Valbonaga di Sopra e via Colombera di Sotto" nonché di tutti i provvedimenti presupposti, connessi e consequenziali.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune resistente;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle proprie difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Designato quale relatore, alla pubblica udienza dell’11 ottobre 2005, il dott. Stefano Mielli;

Uditi i difensori delle parti;

Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO

Il ricorrente è proprietario di due mappali nel Comune di Cisano Bergamasco che, secondo quanto previsto dal Piano regolatore approvato dalla Giunta Regionale con deliberazione n. 40290 dell’11 dicembre 1998, rientrano nell’ambito di una zona di espansione soggetta a pianificazione attuativa unitaria.

L’art. 10, comma 6, delle norme tecniche di attuazione allegate al piano regolatore, prevede che "in ogni tipo di piano attuativo dovranno essere previsti e dimostrati i meccanismi di perequazione tra tutte le proprietà in ordine alle possibilità edificatorie, agli oneri di realizzazione, alla cessione e/o monetizzazione delle aree a standard e delle aree per le urbanizzazioni".

Con deliberazione del Consiglio comunale n. 20 del 10 aprile 2002, il Comune ha adottato il piano particolareggiato della zona di espansione di Valbonaga, nel cui ambito sono ricomprese le aree del ricorrente, disponendo, senza accogliere le osservazioni ed opposizioni dallo stesso presentate, la definitiva approvazione del piano con deliberazione n. 50, del 26 settembre 2002.

Con ricorso notificato il 24 dicembre 2002 e depositato il successivo 24 gennaio 2003, la deliberazione con cui è stato approvato il piano è impugnata con un unico ed articolato motivo, per le censure di violazione dell’art. 10, comma 6, delle norme tecniche di attuazione allegate al piano regolatore generale, eccesso di potere, contraddittorietà, evidente incongruenza e disparità di trattamento.

Si è costituito in giudizio il Comune, chiedendo la reiezione del ricorso perché infondato.

Alla pubblica udienza dell’11 ottobre 2005, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

Le doglianze proposte con il ricorso si incentrano tutte sul mancato rispetto, da parte dell’impugnata deliberazione di approvazione del piano particolareggiato di iniziativa pubblica, del principio di perequazione imposto dal piano regolatore generale.

In particolare, deduce il ricorrente, ciò dovrebbe evincersi dalla circostanza che al termine dell’operazione i vari mappali sui quali insiste l’edificazione prevista dal piano, si vedrebbero attribuire tra loro degli indici di edificabilità fortemente differenziati e, quindi, secondo il ricorrente, contrari al principio di perequazione, dato che allo stesso viene concessa la realizzazione del 10,96 per cento dell’edificazione privata, con un indice di edificabilità di 1,12 per cento mc per mq, dovendo versare al fondo di perequazione il 25 per cento dell’intero ammontare dello stesso, mentre ad altro operatore, la Parrocchia di San Zenone, si attribuisce il 34,36 per cento dell’edificazione, con indice di 1,94 per cento mc per mq, cedendo il 59 per cento delle aree di proprietà e vantando un credito, nei confronti del fondo di perequazione, del 78 per cento dello stesso.

Ciò, prosegue il ricorrente, si traduce in una più alta remuneratività dell’intervento per la Parrocchia, rispetto a quello ottenibile dallo stesso ricorrente.

Il ricorso è infondato e deve essere respinto.

La tecnica di pianificazione ispirata al principio della perequazione urbanistica prevede che le proprietà inserite in un determinato ambito di intervento vengano investite contemporaneamente del beneficio dell’edificabilità e del peso di contribuire all’elevazione della qualità urbana generale e si estrinseca nella formazione di comparti entro cui i proprietari sono trattati tutti in modo identico (cfr. Tar Campania Salerno, Sez. I, 7 agosto 2003, n. 844; Tar Campania Salerno, Sez. I, 5 luglio 2002, n. 670; Tar Emilia Romagna Bologna, Sez. I, 19 dicembre 2001, n. 1286; Tar Emilia Romagna Bologna, Sez. I, 14 gennaio 1999, n. 22).

E’ tuttavia chiaro che l’equa distribuzione dei diritti edificatori, conserva una valenza di carattere eminentemente urbanistico: ha infatti il solo obiettivo di evitare che il beneficio collettivo derivante dalla pianificazione, venga sopportato solamente da alcuni dei proprietari degli immobili, mentre altri, in analoga condizione di fatto e di diritto al momento di approvazione dello strumento urbanistico generale, beneficino, direttamente e indirettamente, solo di consistenti utilità economiche.

Contrariamente a quanto dedotto nel ricorso, è invece estraneo agli obiettivi della perequazioneurbanistica, ogni finalità, per la quale difetterebbe ogni fondamento normativo e costituzionale, di redistribuzione della ricchezza fondiaria tra i vari proprietari di aree comprese nel comparto, con lo scopo di pervenire ad una distribuzione egualitaria dei benefici economici derivanti dalla pianificazione, indipendentemente dalla consistenza e dall’estensione delle aree dei singoli proprietari.

E’ pertanto conforme agli obiettivi ed alla tecnica della perequazione urbanistica, nonché ai principi costituzionali in materia di tutela della proprietà privata che, in applicazione del principio della perequazione, i benefici e gli oneri derivanti dalla pianificazione vengano distribuiti in modo rigidamente proporzionale alla consistenza ed all’estensione delle singole proprietà.

Ciò è quanto realizzato dal Comune mediante il piano particolareggiato oggetto di impugnazione.

Questo infatti interessa una superficie totale di 29.694 mq, nell’ambito della quale il ricorrente è proprietario di un’area di 3190 mq corrispondente al 10,96 per cento del totale, mentre la controinteressata parrocchia è titolare di una superficie di 10002 mq, corrispondente al 34,36 per cento del totale.

Definita in 28.818 mc la volumetria totale ammessa dal piano, la stessa è stata suddivisa tra i proprietari in misura rigidamente predeterminata e proporzionale all’estensione delle singole proprietà, mentre la percentuale delle aree da cedere è stata determinata nel 45,69 per cento del totale.

L’individuazione delle singole porzioni oggetto di cessione, è stata invece determinata in base alle esigenze localizzative connesse all’intervento progettato: per il ricorrente ne è derivato l’obbligo di cedere aree per 1457 mq., in misura percentuale inferiore rispetto al parametro perequato del 45,69 per cento; per la parrocchia ne è derivato l’obbligo di cedere 4570 mq., corrispondenti a circa il 60 per cento dell’estensione dell’area di proprietà e, quindi, in misura maggiore del parametro del 45,69 per cento.

Predeterminato in modo convenzionale il valore delle aree per metro quadro, il differente sacrificio sopportato ha trovato una compensazione mediante la previsione di un fondo perequativo, con la conseguente maturazione di un debito per il ricorrente, corrispondente al minor sacrificio dallo stesso sopportato con la cessione delle aree, e di un credito della parrocchia.

E’ pertanto evidente che, essendo tutte le operazioni proporzionali all’estensione delle singole proprietà, risulta infondata e non pertinente ogni doglianza fondata sull’affermata lesione del principio di perequazione, mentre l’apparente diversità degli indici di edificabilità altro non è che la conseguenza della suddivisione della volumetria complessiva suddivisa per l’estensione delle singole proprietà.

In definitiva il ricorso deve essere respinto.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate, oltre ad oneri di legge, in € 2.200, a titolo di spese, competenze ed onorari di difesa.

Nulla per i controinteressati che non si sono costituiti in giudizio.

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia- Sezione staccata di Brescia – definitivamente pronunciando, respinge il ricorso.

Condanna il ricorrente a corrispondere al Comune di Monzambano la somma liquidata in motivazione.

Così deciso, in Brescia, l’11 ottobre 2005, dal Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Sezione Staccata di Brescia, in Camera di Consiglio, con l’intervento dei Signori:

Francesco Mariuzzo Presidente

Gianluca Morri Giudice

Stefano Mielli Giudice est.