Il codice dei contratti pubblici resiste all’assalto delle Regioni

di 30 Novembre 2007 Giurisprudenza

Segnaliamo al recente sentenza n. 401 del 23 novembre 2007 con la quale lòa Corte Costituzionale si pronuncia sulle 74 censure di illegittimità costituzionale sollevate da diverse regioni nei confronti del Codice dei contratti pubblici (d.lgs. n.163/2006), per la quasi totalità rigettandole o dichiarandole inammissibili. (sentenza)
La denunciata colorazione “centralista” del Codice viene sostanzialmente smentita dalla Consulta sulla sorta della inerenza dei contratti pubblici alla materia “trasversale” della “tutela della concorrenza”, che nello specifico settore degli appalti pubblici interferisce in maniera peculiare con le competenze regionali “non realizzandosi normalmente un intreccio in senso stretto con ambiti materiali di pertinenza regionale, bensì la prevalenza della disciplina statale su ogni altra fonte normativa”.
Soltanto tre i profili di illegittimità che hanno trovato accoglimento, relativamente a

–         l’art. 5, comma 2, in punto di potestà regolamentare dello Stato nelle materie di cui al comma 3 dell’art. 4, ritenuto lesivo delle prerogative regolamentari delle Province Autonome nella parte in cui non ripropone la clausola di riserva di cui al citato art. 4 comma 3.
–         l’art. 84, commi 2, 3, 8 e 9, anche nel testo modificato dal decreto legislativo 31 luglio 2007, n. 113, in punto di criteri di composizione delle Commissioni di gara, nella parte in cui, per i contratti inerenti a settori di competenza regionale, non prevede che le norme in esso contenute abbiano carattere suppletivo e cedevole

–         l’art. 98 comma 2, in punto di approvazione di progetti definitivi di infrastrutture con effetto automatico di variante agli strumenti urbanistici, ritenuto in contrasto con le attribuzioni normative statali in materia di governo del territorio, limitate alla sola normativa di principio.

Anziché massimare le singole (e numerose) argomentazioni che hanno accompagnato le puntuali statuizioni di rigetto o inammissibilità per ciascuna censura, riteniamo più proficuo riportare soltanto alcuni stralci dei passaggi più significativi per la loro valenza di principio.

IN PUNTO DI CRITERI DI RIPARTO DELLE COMPETENZE LEGISLATIVE NEL SETTORE DEI CONTRATTI PUBBLICI.
– Per la perimetrazione delle sfere materiali di competenza legislativa nella materia dei contratti pubblici non può aversi riguardo esclusivamente alla natura del soggetto che indice la gara o al quale è riferibile quel determinato bene o servizio, occorrendo, invece, riferirsi al contenuto delle norme censurate al fine di inquadrarlo negli ambiti materiali indicati dall’art. 117 Cost.

SULLA PROSPETTATA VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DI LEALE COLLABORAZIONE NEL CASO DI INTRODUZIONE UNILATERALE DI MODIFICHE AL TESTO GIA’ LICENZIATO DALLA CONFERENZA UNIFICATA
– Deve ritenersi che, in linea di massima, non sussista alcuna violazione del principio di leale collaborazione nel caso in cui le modifiche introdotte allo schema di decreto legislativo successivamente alla sua sottoposizione alla Conferenza unificata siano imposte dalla necessità di adeguare il testo alle modifiche suggerite in sede consultiva (vedi la sentenza numero 179 del 2001). In tale caso, non è necessario che il testo modificato torni nuovamente alla Conferenza per un ulteriore parere, anche perché altrimenti si innescherebbe un complesso e non definibile meccanismo di continui passaggi dall’uno all’altro dei soggetti coinvolti.
– Affinché il mancato coinvolgimento della Conferenza unificata, pur previsto da un atto  legislativo di rango primario, possa comportare un vulnus al principio costituzionale di leale cooperazione, è necessario che ricorrano i presupposti per la operatività del principio stesso e cioè, la incidenza dell’attività legislativa su ambiti materiali di pertinenza regionale.

SULLA MATERIA DELLA PROGRAMMAZIONE DI LAVORI PUBBLICI
l’attività di programmazione di lavori pubblici non essendo una materia a sé stante, né risultando riconducibile ad uno specifico ambito materiale, segue il regime giuridico proprio della realizzazione delle relative opere, le quali possono rientrare, a seconda dei casi, in settori di competenza esclusiva statale o residuale delle Regioni ovvero ripartita tra Stato e Regioni.

SUI PROFILI DI INTERFERENZA DELLA MATERIA TRASVERSALE DELLA “TUTELA DELLA CONCORRENZA” CON LE COMPETENZE LEGISLATIVE REGIONALI
la tutela della concorrenza – se si eccettuano, in particolare, gli aspetti della specifica normativa antitrust diretta a reprimere i comportamenti anticoncorrenziali delle imprese – ha natura trasversale, non presentando i caratteri di una materia di estensione certa, ma quelli di «una funzione esercitabile sui più diversi oggetti»
Nello specifico settore degli appalti deve, però, ritenersi che la interferenza con competenze regionali si atteggia, in modo peculiare, non realizzandosi normalmente un intreccio in senso stretto con ambiti materiali di pertinenza regionale, bensì la prevalenza della disciplina statale su ogni altra fonte normativa. Allo scopo, pertanto, di individuare gli esatti confini della materia in esame, occorre svolgere un doppio livello di verifica: stabilire, innanzitutto, se l’intervento statale sia astrattamente riconducibile, nei modi anzidetti, ai principi della concorrenza nel mercato o della concorrenza per il mercato o ad entrambi; in secondo luogo, accertare se lo strumento utilizzato sia congruente rispetto al fine perseguito alla luce dei criteri di proporzionalità e della adeguatezza. Ciò significa che, una volta che sia stata riconosciuta come riconducibile alla materia in questione la normativa statale, la stessa può avere anche un contenuto analitico. La proporzionalità e l’adeguatezza non si misurano, infatti, avendo riguardo esclusivamente al livello di dettaglio che connota quella specifica normativa. Diversamente si verificherebbe una identificazione non consentita tra materie concorrenti e materie trasversali di competenza esclusiva che, invece, ricevono dalla Costituzione una differente disciplina.

SULLA QUESTIONE DEI LIMITI DELLA POTESTÀ REGOLAMENTARE DELLO STATO NELLE MATERIE DI CUI AL COMMA 3 DELL’ART. 4, la Corte ha rilevato che
– "Tale potestà si esplica unicamente in ambiti materiali che spettano in via esclusiva alla competenza legislativa statale, in conformità a quanto prescritto dal citato sesto comma dell’art. 117 Cost."
Detta conformità è ritenuta predicabile "
anche quando viene in rilievo la materia trasversale della tutela della concorrenza, sempre che tale complessiva disciplina superi positivamente, in relazione alle specifiche disposizioni che di volta in volta vengono in rilievo, il vaglio di costituzionalità in ordine al rispetto dei criteri di adeguatezza e proporzionalità."

SULLA POSSIBILITÀ DI ILLEGITTIMA INTERFERENZA TRA LA POTESTÀ REGOLAMENTARE STATALE E QUELLA LEGISLATIVA STATALE, NELL’AMBITO DI MATERIE TRASVERSALI:
– l’evenienza del condizionamento di una fonte secondaria nei confronti di una legge regionale non si verifica in presenza di un titolo di legittimazione statale riconducibile alla tutela della concorrenza, proprio in ragione della sua già descritta peculiare connotazione e del suo modo di operatività nel settore degli appalti.

SULLA NECESSITÀ DI UN COINVOLGIMENTO COLLABORATIVO DELLE REGIONI DELL’ELABORAZIONE DELLE NORME REGOLAMENTARI
– Non sussiste alcun obbligo di coinvolgimento delle Regioni nella fase di esercizio della potestà regolamentare dello Stato nelle materie riservate alla sua competenza legislativa esclusiva. Ciò vale anche per la tutela della concorrenza, in ragione proprio del peculiare modo di atteggiarsi della sua trasversalità. Il rispetto delle regole collaborative può essere imposto a livello costituzionale nei soli casi in cui si verifichi un forte intreccio con competenze regionali che richieda l’adozione di modalità concordate o comunque di meccanismi che garantiscano il coinvolgimento dei livelli di governo interessati

SULLA ILLEGITTIMITA’ COSTITUZIONALE DELLE DISPOSIZIONI DI CUI ALL’ART. 84 IN PUNTO DI COMPOSIZIONE DELLE COMMISSIONI GIUDICATRICI
– gli aspetti connessi alla composizione della Commissione giudicatrice e alle modalità di scelta dei suoi componenti attengono, più specificamente, alla organizzazione amministrativa degli organismi cui sia affidato il compito di procedere alla verifica del possesso dei necessari requisiti, da parte della imprese concorrenti, per aggiudicarsi la gara. Da ciò deriva che non può essere esclusa la competenza legislativa regionale nella disciplina di tali aspetti.
Deve, pertanto, ritenersi non conforme al sistema di riparto delle competenze tra lo Stato e le Regioni la normativa contenuta nei commi in esame, la quale vale certamente nel suo insieme per l’attività contrattuale posta in essere in ambito statale, mentre per le Regioni deve necessariamente avere carattere recessivo nei confronti di una diversa (ove esistente) disciplina specifica di matrice regionale, secondo quanto disposto dall’art. 117, quinto comma, Cost. e dall’art. 1, comma 6, della legge di delega n. 62 del 2005.
Alla luce delle considerazioni che precedono, le disposizioni di cui ai commi 2, 3, 8 e 9 dell’art. 84, devono essere dichiarate costituzionalmente illegittime nella parte in cui, per i contratti inerenti a settori di competenza regionale, non prevedono che esse abbiano carattere suppletivo e cedevole rispetto ad una divergente normativa regionale che abbia già diversamente disposto o che disponga per l’avvenire.
La predetta dichiarazione di illegittimità costituzionale travolge anche le modifiche, sopra indicate, alle disposizioni in esame, apportate dal d.lgs. n. 113 del 2007.

SULLA ILLEGITTIMITA’ COSTITUZIONALE DELL’ART. 98 COMMA 2 SUGLI EFFETTI DI VARIANTE URBANISTICA RICONNESSI ALL’APPROVAZIONE DI PROGETTI DEFINITIVI DI PECULIARI TIPOLOGIE DI OPERE
La norma impugnata, stabilendo che «l’approvazione dei progetti definitivi da parte del consiglio comunale costituisce variante urbanistica a tutti gli effetti», pur se presenta collegamenti con la materia dell’ambiente per le finalità perseguite, che sono dichiaratamente quelle del miglioramento della «qualità dell’aria e dell’ambiente nelle città», afferisce, avendo riguardo al suo peculiare oggetto, prevalentemente all’ambito materiale del governo del territorio di competenza ripartita Stato-Regioni. Da questa qualificazione discende che lo Stato ha soltanto il potere di fissare i principi fondamentali in tali materie, spettando alle Regioni il potere di emanare la normativa di dettaglio, secondo quanto stabilito dall’art. 117, terzo comma, ultimo periodo, della Costituzione.
Applicando la suddetta regola nel caso di specie, ne deriva la illegittimità costituzionale della norma in esame, in quanto essa, per il suo contenuto precettivo del tutto puntuale, non lascia alcuno spazio di intervento alle Regioni. L’affermazione, infatti, secondo cui «l’approvazione dei progetti definitivi costituisce variante urbanistica a tutti gli effetti» non è passibile di ulteriore svolgimento da parte del legislatore regionale con conseguente compromissione delle competenze che alle Regioni spettano in materia di urbanistica e quindi di assetto del territorio (vedi sentenza numero 206 del 2001).

 

QUANTO ALLA DISCIPLINA DEI CONTRATTI "SOTTO SOGLIA"
– la distinzione tra contratti sotto soglia e sopra soglia non può essere, di per sé, invocata quale utile criterio ai fini della individuazione dello stesso ambito materiale della tutela della concorrenza. Tale ambito ha, infatti, una portata che trascende ogni rigida e aprioristica applicazione di regole predeterminate dal solo riferimento, come nella specie, al valore economico dell’appalto. Anche un appalto che si pone al di sotto della rilevanza comunitaria può giustificare un intervento unitario da parte del legislatore statale. E se si riconosce, nello specifico, la sussistenza di tale esigenza, in relazione ovviamente a finalità di tutela della concorrenza, deve conseguentemente ammettersi la legittimazione statale secondo le modalità e nei limiti già esposti. In altri termini, non è possibile ritenere, come sembrano assumere alcune delle ricorrenti, che in presenza di un contratto sotto soglia la legislazione statale dovrebbe caratterizzarsi per un livello maggiore di generalità.

SULLE DISPOSIZIONE RELATIVE ALL’INDIVIDUAZIONE DELLE TIPOLOGIE CONTRATTUALI, NONCHÉ ALLA FASE DI ESECUZIONE DEL CONTRATTO DI APPALTO E AL CONTRATTO DI SUBAPPALTO.
Il prevalente ambito materiale in cui si colloca la norma in esame è rappresentato dall’ordinamento civile (art. 117, secondo comma, lettera l, Cost.): spetta, dunque,  al legislatore statale – ferma restando l’autonomia negoziale delle singole amministrazioni aggiudicatrici – individuare, per garantire uniformità di trattamento sull’intero territorio nazionale, il tipo contrattuale da utilizzare per la regolamentazione dei rapporti di lavori, servizi e forniture. Nella specie, inoltre, tale uniformità, nella previsione della tipologia e dell’oggetto dei contratti, è funzionale ad assicurare il rispetto dei principi sottesi alla competenza legislativa esclusiva in materia di tutela della concorrenza.