Commento alla sentenza Corte Cost. n.524 del 09.12.2002 (in questa rivista)
1. La pianificazione di bacino di assetto idrogeologico dopo la legislazione emergenziale
E’ bene chiarire infatti che mentre nel caso dei piani[5] straordinari si tratta sostanzialmente di norme provvisorie accompagnate dall’applicazione di misure di salvaguardia, nel caso del piano stralcio di assetto idrogeologico le scelte pianificatorie assumono, nella maggior parte dei casi, al termine del procedimento di approvazione il carattere di veri e propri vincoli conformativi della proprietà. Indagini approssimative causate dall’urgenza delle determinazioni amministrative hanno già prodotto numerosi conflitti giurisdizionali sui contenuti dei piani straordinari di riduzione del rischio, contestandosi da parte dei privati e delle stesse amministrazioni comunali gli atti di discrezionalità tecnica con i quali sono state identificate le condizioni di rischio molto elevato perché non supportate da adeguate indagini tecnico-matematiche e idrauliche[6]. Nel caso dei piani straordinari l’urgenza della salvaguardia e della messa in sicurezza può giustificare l’adozione di scelte sulla base dello stato attuale delle conoscenze – con conseguente imposizione di misure di salvaguardia temporanee – cui si aggiunge anche la previsione che qualunque proposta di rettifica o modifica presentata dalle amministrazioni interessate (soprattutto i comuni) può essere oggetto di variante del piano straordinario[7]. Ma questo sembra assolutamente inammissibile in base al principio di buon andamento e di efficacia dell’azione amministrativa nel caso del piani stralcio che – determinando in modo definitivo le condizioni effettive di rischio idrogeologico o di franosità di determinate aree – necessitano dell’acquisizione di tutti gli elementi tecnici atti a determinare la limitazione del diritto di proprietà in vaste aree interessate dai piani. Peraltro, la disciplina “accelerata” prevista per la redazione ed approvazione dei piani stralcio, sembra essere in contraddizione con le finalità cui si era ispirato il legislatore di poco precedente quando pur prevedendo i piani stralcio, conscio della difficoltà del provvedere, ha previsto appunto i piani straordinari con intento di salvaguardia e d’incolumità immediata delle popolazioni e dei beni ambientali interessati. Emergenza che giustifica anche la straordinarietà del procedimento di formazione. Le aree interessate dai piani straordinari sono sostanziamente le stesse dei piani stralcio, sulle quali comunque gravano le misure di salvaguardia temporanee ma reiterabili; con il piano stralcio si opera una ben più approfondita analisi scientifico e tecnica deve produrre una diversa articolazione delle condizioni di rischio (molto elevato, elevato etc.) rimodulando quindi, se del caso, non solo i perimetri ma anche le condizioni di trasformabilità delle aree: procedimento che non può essere compresso nei tempi imposti dalla legge[8].
Il terzo aspetto – che discende dal parere espresso dalla conferenza nella quale s’inserirebbe il parere regionale – è quello relativo al valore attribuito alla determinazione dell’Autorità di Bacino di automatica variazione degli strumenti urbanistici che, a giudizio della Corte, è in netta violazione con le potestà regionali in materia di pianificazione urbanistica. Un orientamento simile, peraltro, la Corte lo ha espresso già nella sent.206/2001 in materia di sportello alle imprese, affrontando la disciplina della conferenza di servizi convocata su richiesta del privato per la variazione dello strumento urbanistico in contrasto con la disciplina di piano. Anche lì si era posto il problema dell’assorbimento del parere della regione all’interno della conferenza di servizi la cui decisione è presa a maggioranza, configurandosi un esproprio del potere regionale di concorrere a definire l’assetto urbanistico[12].Se il ricorso alla Conferenza programmatica perde molto della sua funzione di strumento di accelerazione e di semplificazione con effetti di variazione automatica degli strumenti urbanistici, cio non di meno può essere considerata modalità attraverso la quale le amministrazioni locali territoriali (province, comuni) e la regione possono acquisire la conoscenza dei contenuti del piano stralcio ed operare un confronto diretto anche con l’Autorità di bacino circa il valore prescrittivo o d’indirizzo delle norme tecniche del piano stesso[13].
L’applicazione di questi principi si riverbera anche sull’esercizio dei poteri di pianificazione territoriale di province e comuni ponendosi i piani in una posizione di reciproca autonomia rispetto alla cura degli interessi di competenza dell’ente, cosicché il rapporto tra questi si misura solo in base all’eventuale contrasto nella cura dei diversi interessi. Nello specifico ad es. il piano provinciale costituisce il limite oltre il quale l’azione comunale si deve arrestare rispettando il livello sovralocale degli interessi provinciali, mentre al contrario la cura del livello locale degli interessi costituisce una sorta di riserva del piano regolatore comunale[19].
Si tratta comunque – per riprendere la disciplina della 365/2000 e l’orientamento della Corte – di conferenze programmatorie di natura politica, che si situano nella fase d’iniziativa dei procedimenti pianificatori, senza che sia previsto alcun sistema di decisione né a maggioranza né all’unanimità, anche se in alcuni casi si prevede che le amministrazoni convocate, i cui rappresentanti abbiano espresso mandato, devono esprimere definitivamente e in modo vincolante la volontà dell’ente[20]. Nel caso in cui le amministrazioni intendano raggiungere un obiettivo comune rispetto al diverso rapporto tra gli interessi ricorrono ad un accordo di pianificazione regolato ai sensi dell’art.15 della l.241/90[21].
Paolo Urbani
NOTE
[1] DL 11 giugno 1998 n.180 conv. Nella legge di conversione 3 agosto 1998 n.267.
[2] DL 13 maggio 1999 n.132 conv nella l.13 luglio 1999 n.226. Il termine di adozione dei piani è fissato al 31 ottobre 1999 con esercizio di poteri sostitutivi da parte del Con dei Ministri.
[3] Si rammenta che il procedimento relativo alla formazione del piano di bacino prevede l’adozione dello schema di piano, la sua pubblicazione al fine di permettere le osservazioni, una seconda adozione da parte del Comitato istituzionale sulla base delle osservazioni pervenute ed una definitiva apporovazione da parte del Con dei Ministri.
[4] Art.1 bis co 2 del DL279 del 12 ottobre 2000 conv nella L.11 dicembre 2000 n.365.
[5] In verità questi "piani" hanno ben poco a che vedere con "un’ordinata spaziale e temporale a fini di risultato" riducendosi a mere perimetrazioni delle aree a rischio conclamato.
[7] Da sottolineare che l’Autorità di bacino del Tevere con delibera del Comitato istituzionale 18 dicembre 2001 in GU 25/1/2002 s.g. n.21 ha attribuito al segretario dell’Autorità l’emanazione di un decreto segretariale, sulla base di parere conforme dell’autorità preposta alla tutela dei vincoli idrogeologici, nel caso di rettifica del piano straordinario per semplificare il procedimento evitando così l’intervento del Comitato per ogni variazione di piano.
[8] E’ bene sottolineare che i piani in parola si differenziano profondamente rispetto ai contenuti anche se riguardano entrambi due profili: quello idraulico e quello franoso. Nella disciplina dei piani straordinari che tratta i casi di rischio più elevato vi è una perimetrazione delle aree a rischio di esondazione e di quelle a rischio di movimenti franosi con l’indicazione delle limitazioni alle attività di trasformazione del territorio e l’indicazione di un quadro di possibili interventi strutturali diretti alla messa in sicurezza dei siti. Il piano stralcio di assetto idrogeologico è molto più complesso ed articolato prevedendosi per entrambi i profili una differenziazione della disciplina articolata in prescrizioni quadro, prescrizioni dirette ed interventi di consolidamento, sistemazioni idraulico-forestali, di difesa idraulica, di manutenzione idraulica e idrogeologica, di disciplina dell’estrazione di materiale inerte etc. In particolare per quanto riguarda il rischio idraulico si adotta la tecnica dell’azzonamento dividendo il territorio interessato in fasce A,B,C cui corrisponde una diversa disciplina delle trasformazioni e l’identificazione dei livelli di rischio (R4,R3).Per quanto riguarda gli aspetti franosi si fa riferimento ad elaborati cartografici quali ‘l’inventario dei movimenti franosi’ e l’atlante delle situazioni di rischio di frana (R4,R3) cui si applicano limitazioni alle trasformazioni del territorio.
[9] La competenza era del Comitato nazionale della difesa del suolo soppresso con D.Lgs.
[10] Sulle modificazioni del sistema di decisioni nella conferenza dei servizi vedi A Battini, la legge di semplificazione 1999 in GDA 5/2001, 451 s.; più in generale D. D’Orsogna, Conferenza dei servizi ed amministrazione della complessità, Giappichelli, 2002.
[11] Giannini,M.S., Diritto Amministrativo Vol.I 1970
[12] Anche nella sent.393/92 la Corte ha dichiarato incostituzionale l’art.16 della l.179/92 che prevedeva in materia di procedimento di variante del PRG a seguito di adozione del Programma integrato d’intervento la regola del silenzio-assenso da parte della regione in fase di controllo dello strumento urbanistico.(quarto comma).
[14] L’art.17 5 co. della l.183/89 prevede che "le disposizioni del piano di bacino hanno carattere immediatamente vincolante per le amministrazioni e gli enti pubblici, nonché per i soggetti privati, ove trattasi di prescrizioni dichiarate di tale efficacia dallo stesso piano di bacino".
[15] Sent Corte Cost.328/200016
[16] Sia consentito inviare a P.Urbani, l’allocazione delle funzioni amministrative secondo il Titolo V della Cost.: una prima lettura, in S.Gambino (a cura di)Il nuovo ordinamento regionale Giuffré 2003, 85 s.
[17] Sia consentito rinviare a P.Urbani, La pianificazione per la tutela dell’ambiente, delle acque e per la difesa del suolo, in RGA 2001, 199 s.