Con sentenza n. 7543 del 30 agosto 2022, il Consiglio di Stato ha stabilito che – in materia di condono edilizio – la formazione del silenzio assenso per decorso del termine di 24 mesi postula che l’istanza di sanatoria sia assistita da tutti i presupposti di accoglibilità, non determinandosi ope legis la regolarizzazione dell’abuso (in applicazione dell’istituto del silenzio assenso) laddove manchino i presupposti di fatto e di diritto previsti dalla norma.
La ricorrente ha appellato la sentenza del TAR Piemonte che aveva respinto i ricorsi con cui la medesima richiedeva l’annullamento di due provvedimenti comunali che respingevano le istanze di permesso edilizio in sanatoria (ex art. 32 del D.L. 269/2003 conv. in L. 326/2003) relativo alla realizzazione di due nuove unità immobiliari residenziali su un immobile soggetto a vincolo paesaggistico. Il Comune aveva respinto entrambe le istanze sul presupposto che gli abusi commessi in zona vincolata non possono essere sanati.
La ricorrente in primo grado sosteneva che (i) rispetto alle istanze avanzate si era formato il silenzio assenso per essere il diniego stato comunicato ben oltre il termine di 24 mesi indicato all’art. 35 c. 18 della L. 47/1985; (ii) l’art. 32 del D.L. 269/2003 non precluderebbe a priori la sanabilità degli abusi ancorché commessi in zona vincolata.
In sede di appello, la ricorrente ritiene che sia errata la decisione di prime cure in quanto (i) sussisterebbero tutti i presupposti di fatto e di diritto per l’applicazione dell’art. 32 c. 37 della L. 326/2003 nella parte in cui prevede la formazione del silenzio assenso, con effetti equivalenti alla sanatoria, nel caso in cui siano trascorsi 24 mesi dalla data di emanazione del parere favorevole da parte dell’autorità preposta alla tutela del vincolo; (ii) il TAR non avrebbe tenuto conto della caratterizzazione urbanistico-edilizia dell’area che ospita l’immobile, qualificata come zona soggetta a vincolo di inedificabilità relativa. Secondo la ricorrente, l’art. 32 c. 26 della L. 326/2003 implicherebbe che la sanatoria delle opere abusive realizzate su immobili soggetti a vincoli di inedificabilità relativa sia subordinata al parere favorevole dell’autorità preposta alla tutela del vincolo, in applicazione dell’art. 32 della L. 47/1985, come richiamato dall’art. 32 c. 25 della L. 326/2003, sicché anche i c.d. abusi maggiorisarebbero suscettibili di sanatoria se realizzati su immobili vincolati purché abbiano ottenuto il parere favorevole dell’autorità preposta alla tutela del vincolo.
Tuttavia, il Consiglio ha dichiarato infondato l’appello.
In primo luogo, l’adozione del preavviso di diniego (istituto, ratione temporis, idoneo a interrompere i termini procedimentali e non a sospenderli) da parte del Comune, in epoca antecedente rispetto allo spirare del termine di 24 mesi dal completamento della fase di presentazione della domanda di condono, ha impedito la formazione del silenzio assenso sulle domande presentate, considerato poi che i provvedimenti di diniego sono intervenuti in epoca antecedente allo spirare del secondo periodo temporale di 24 mesi (decorrente dalla data di adozione del preavviso di diniego da parte del Comune). Richiamando consolidati precedenti, il Consiglio ha ribadito che, in materia di condono edilizio, la formazione del silenzio assenso per decorso del termine di 24 mesi postula che l’istanza sia assistita da tutti i presupposti di accoglibilità, non determinandosi ope legis la regolarizzazione dell’abuso (in applicazione dell’istituto del silenzio assenso) ogni qualvolta manchino i presupposti di fatto e di diritto previsti dalla norma quando la documentazione allegata all’istanza non risulti completa ovvero quando la domanda si presenti dolosamente infedele.
Inoltre, dalla corretta lettura delle disposizioni di cui all’art. 32 cc. 26 lett. a e 27 lett. d del D.L. 269/2003 – diversamente da quanto è stato affermato dal giudice di primo grado, sebbene tale diversa interpretazione normativa offerta dal Consiglio non giovi in alcun modo all’appellante – si evince che non sono in alcun modo suscettibili di sanatoria gli abusi maggiori, realizzati su immobili soggetti a vincoli, a prescindere dal fatto che si tratti di interventi conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici e dal fatto che il vincolo non comporti l’inedificabilità assoluta dell’area; sono invece sanabili, se conformi a detti strumenti urbanistici, solo i c.d. interventi minori (restauro, risanamento conservativo, manutenzione straordinaria), previo parere dell’autorità preposta alla tutela del vincolo.
Ai sensi dell’art. 32 c. 27 lett. d, le opere abusivamente realizzate in aree sottoposte a specifici vincoli sono sanabili solo se, oltre al ricorrere delle ulteriori condizioni – e cioè che le opere siano realizzate prima della imposizione del vincolo, che siano conformi alle prescrizioni urbanistiche e che vi sia il previo parere dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo – siano opere minori senza aumento di superficie e volume (restauro, risanamento conservativo, manutenzione straordinaria). Pertanto, un abuso comportante la realizzazione di nuove superfici e nuova volumetria in area assoggettata a vincolo, indipendentemente dal fatto che il vincolo non sia di carattere assoluto, non può essere sanato.
Tanto premesso, il Consiglio ha respinto l’appello con conseguente conferma della sentenza di primo grado, sebbene con diversa motivazione.