La presentazione di una SCIA in sanatoria non determina la sospensione dell’efficacia dell’ordinanza di demolizione di Fabio Cusano

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Con la sentenza n. 4200 del 26 aprile 2023, il Consiglio di Stato (sez. IV) ha ribadito che la presentazione di una SCIA in sanatoria non determina la sospensione dell’efficacia dell’ordinanza di demolizione, atteso che la realizzazione di un intervento edilizio, prima del rilascio del titolo prescritto dalla legge, ne comporta irrimediabilmente l’abusività, quantomeno formale, alla quale può ovviarsi con il diverso procedimento di accertamento di compatibilità urbanistica, di cui all’art. 36 del D.P.R. 380/2001, o di condono, sempreché ne ricorrano i presupposti.

L’appello ha ad oggetto la legittimità dei provvedimenti, repressivi e sanzionatori, emanati dal Comune che i ricorrenti ritengono illegittimi per il fatto che è pendente la richiesta di sanatoria.

Nel merito, i ricorrenti sostengono che la presentazione di una domanda di sanatoria renderebbe inefficace l’ordinanza di demolizione e gli eventuali atti successivi. Il Comune avrebbe dovuto adottare un provvedimento di diniego inibitorio e successivamente un nuovo provvedimento demolitorio essendo pendente l’ulteriore procedimento a seguito dell’istanza di riesame in sanatoria.

Gli stessi ricorrenti osservano altresì che, secondo la disciplina del procedimento di scia, introdotta dalla legge 30 luglio 2010 n. 122, in sede di conversione del d.l. 31 marzo 2010 n. 78 con le modifiche apportate con il d.l. 21 giugno 2013 n. 69, convertito con l. 9 agosto 2013 n. 98, l’attività edilizia può essere iniziata dalla data di presentazione della segnalazione.

L’Amministrazione nei trenta giorni successivi può effettuare le verifiche e i controlli e, in caso di irregolarità, qualora sia possibile, può invitare il privato interessato a rendere l’intervento conforme alla normativa vigente entro un termine prefissato.

Trascorsi i trenta giorni, il Comune può intervenire, peraltro solo in presenza di pericolo di danno per il patrimonio artistico e culturale, per l’ambiente, per la salute, per la sicurezza pubblica o la difesa nazionale, qualora non sia possibile regolarizzarne l’attività, con provvedimento espresso.

Nel caso in esame, alla scia in sanatoria presentata non avrebbe fatto seguito alcun provvedimento inibitorio e demolitorio, per cui l’ordinanza ingiunzione di pagamento sarebbe, sotto questo profilo, illegittima.

Ad avviso del Consiglio, le censure sono infondate.

Sui punti controversi è sufficiente osservare che la realizzazione di un intervento edilizio, prima del rilascio del titolo prescritto dalla legge, ne comporta irrimediabilmente l’abusività (quantomeno quella c.d. formale), alla quale può ovviarsi con il diverso procedimento di accertamento di compatibilità urbanistica, di cui all’art. 36 del DPR n. 380 del 2001, sempreché ne ricorrano i presupposti (della c.d. doppia conformità sostanziale). Pertanto, perché si possa produrre la sospensione dell’effetto della ordinanza di demolizione, è necessario presentare una formale istanza di condono o di accertamento di conformità ai sensi dell’art. 36 del DPR n. 380 del 6 giugno 2001 (cfr. Cons. Stato, sez. VI, n. 5746 del 8 luglio 2022), ma nel caso di specie non è stato provato che dette istanze siano state presentate.

Parimenti non si ammettono la dia o la scia in sanatoria presentate successivamente al completamento dell’opera abusiva ed utilizzate come strumento di sanatoria giacché gli illeciti edilizi in questione, ad eccezione dei casi contemplati dall’ art. 37 del DPR n. 380 del 2001, possono essere sanati soltanto in forza di titolo edilizio per condono straordinario o per accertamento di conformità (Cons. Stato, sez. VI, n. 5746 del 2022; sez. IV, ordinanza n. 4573 del 9 ottobre 2010).

In base al principio di tipicità degli atti amministrativi, una istanza di permesso di costruire o una scia può avere ad oggetto solo lo svolgimento di attività edilizia futura ed è comunque escluso, in base all’indirizzo prevalente del Consiglio di Stato, che il comune debba emanare una nuova ordinanza di demolizione dopo che è stata presentata una formale istanza di accertamento di conformità ex art. 36 d.P.R. n. 380 del 2001 e sia stata esitata negativamente (Cons. Stato, sez. VI, n. 1432 del 2021; sez. II, n. 1925 del 2020).

Per completezza si evidenzia che la tesi di parte ricorrente si infrange con il principio generale secondo cui, di norma, è impossibile realizzare ulteriori opere sul medesimo bene abusivamente edificato pur se oggetto di condono straordinario (Cons. Stato, sez. IV, n. 1326 del 2017, sez. V, n. 673 del 2015).

Conclusivamente tutte le censure sono infondate.