Con la sentenza n. 229 del 15 novembre 2022 la Corte costituzionale ha dichiarato inammissibili e non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1 della L.R. Toscana 30 dicembre 2020, n. 101[1].
In particolare, il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso, in riferimento agli artt. 3, 9, 97 e 117, cc. 1 e 2, lett. s, Cost. e al principio di leale collaborazione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1 della L.R. Toscana 30 dicembre 2020, n. 101.
La disposizione impugnata, nel modificare l’art. 3 bis della L.R. Toscana 8 maggio 2009, n. 24[2] (Piano casa per la Toscana), estende alle unità immobiliari aventi destinazione d’uso commerciale al dettaglio le misure straordinarie già previste per gli edifici a destinazione d’uso industriale o artigianale dal citato art. 3 bis, che consente interventi di addizione volumetrica o sostituzione edilizia, con un incremento massimo del 20% della superficie utile lorda.
Con il primo motivo di ricorso il Presidente del Consiglio dei ministri ha lamentato la violazione degli artt. 9 e 117, cc. 1 e 2, lett. s, Cost., quest’ultimo in relazione agli artt. 135, 143 e 145 del Codice dei beni culturali e del paesaggio e agli artt. 5 e 6 della Convenzione europea sul paesaggio.
Risulterebbe lesa la sfera di competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di tutela dell’ambiente (art. 117, c. 2, lett. s, Cost.), in quanto la normativa impugnata – nel derogare agli strumenti urbanistici – consentirebbe che gli interventi edilizi su unità immobiliari a destinazione d’uso commerciale al dettaglio vengano realizzati anche in deroga alle previsioni del piano paesaggistico, approvato in Toscana con delibera del C.R. n. 27 marzo 2015, n. 37[3].
Questo perché la norma oggetto di censura ometterebbe di richiamare espressamente i principi di elaborazione congiunta, inderogabilità e prevalenza del piano paesaggistico sanciti dagli artt. 135, 143 e 145 del Codice e, al contempo, non conterrebbe alcuna clausola di salvaguardia delle previsioni del piano paesaggistico, che all’epoca dell’entrata in vigore del Piano casa per la Toscana non era stato ancora approvato.
Ad avviso della difesa statale, la realizzazione di rilevanti interventi di trasformazione del territorio in deroga alla pianificazione urbanistica avverrebbe, quindi, senza alcuna garanzia che gli stessi siano conformi alle previsioni del piano paesaggistico, la cui revisione potrebbe avvenire solo con nuova intesa (art. 143, c. 2, del Codice); nel caso in esame, infatti, rileverebbe una modifica unilaterale, attesa l’estensione del Piano casa per la Toscana in assenza di previa concertazione con lo Stato.
Il miglioramento del riutilizzo degli edifici aventi destinazione commerciale al dettaglio avrebbe dovuto trovare la propria disciplina all’interno del piano paesaggistico, che segnerebbe il naturale esaurimento delle normative regionali applicative del c.d. Piano casa. Questo per evitare che in sede di rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche le singole trasformazioni vengano valutate in modo parcellizzato, dovendo il loro vaglio avvenire nell’ambito della considerazione complessiva del contesto tutelato, specificatamente demandata al piano paesaggistico, che detta le linee fondamentali di tutela del territorio.
Quanto alla rilevanza della Convenzione europea del paesaggio, il ricorrente osserva che la medesima tutela il paesaggio nella sua interezza, sia i beni soggetti a vincolo, sia quelli non vincolati. In proposito, vengono richiamati gli artt. 5 e 6 di detta Convenzione, secondo cui il territorio dovrebbe essere oggetto di pianificazione e specifica considerazione anche per quanto concerne le aree non tutelate. Tali prescrizioni sarebbero confluite nell’art. 135 del Codice, in base al quale le Regioni sono tenute alla pianificazione paesaggistica dell’intero territorio, con riqualificazione delle aree compromesse o degradate.
Per l’effetto, secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, l’inderogabilità del piano paesaggistico non sarebbe garantita neppure per le aree non vincolate: la disposizione impugnata consentirebbe infatti interventi edilizi in deroga agli strumenti urbanistici, anche nella parte in cui gli stessi recepiscono gli indirizzi e le direttive del piano paesaggistico cui sono tenuti a conformarsi.
In definitiva, in evidente contrapposizione con il carattere transitorio ed eccezionale della normativa sul Piano casa, volta a sostenere il settore dell’edilizia per un periodo temporalmente limitato, la Regione Toscana avrebbe stabilizzato tale misura straordinaria, prorogandola e addirittura estendendone l’applicazione agli immobili destinati al commercio al dettaglio. Ciò sarebbe accaduto nonostante l’avvenuta approvazione del piano paesaggistico regionale d’intesa con lo Stato, posto al vertice della gerarchia dei piani.
Di conseguenza, l’intervento unilaterale della Regione sarebbe, ad avviso del ricorrente, lesivo della sfera di competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di tutela del paesaggio e del principio di necessaria co-pianificazione tra Stato e regioni.
Per altro verso, l’estensione della disciplina derogatoria, in quanto tale soggetta a stretta interpretazione, anche a edifici a destinazione commerciale, concorrerebbe – unitamente alle reiterate proroghe disposte dal legislatore regionale – al risultato di accrescere enormemente, per sommatoria, il numero degli interventi assentibili, così aggravando la compressione dell’interesse alla tutela del paesaggio, al di fuori di qualsiasi visione unitaria del territorio.
La diminuzione del livello della tutela ambientale determinerebbe, dunque, il contrasto con l’art. 9 Cost., che sancisce la rilevanza della tutela del paesaggio quale interesse primario e assoluto; nella medesima prospettiva, risulterebbe violato anche l’art. 117, c. 1, Cost., in relazione alla richiamata Convenzione europea del paesaggio.
Con il secondo motivo di ricorso il Presidente del Consiglio dei ministri ha lamentato la violazione degli artt. 3 e 97 Cost. e del principio di leale collaborazione.
La disposizione impugnata contrasterebbe con i principi di ragionevolezza e di buon andamento della pubblica amministrazione, in quanto le continue proroghe pluriennali unitamente all’estensione degli interventi in deroga ad una ulteriore tipologia di edifici avrebbero reso stabile una misura temporanea, in evidente contrasto con il carattere straordinario ed eccezionale della disciplina del Piano casa.
L’ampliamento di siffatta disciplina derogatoria sarebbe manifestamente irragionevole, anche perché si porrebbe al di fuori di qualsivoglia valutazione unitaria del territorio. Ciò in violazione del principio fondamentale in materia di governo del territorio, sotteso all’intero impianto della L. 17 agosto 1942, n. 1150, secondo il quale gli interventi di trasformazione edilizia sono consentiti soltanto nel quadro della pianificazione urbanistica, che esercita una funzione di disciplina degli usi del territorio necessaria e insostituibile, in quanto idonea a fare sintesi dei molteplici interessi, anche di rilievo costituzionale, che afferiscono a ciascun ambito territoriale.
Inoltre, l’estensione delle misure straordinarie ad opera della disposizione impugnata sarebbe irragionevole poiché intervenuta al di fuori della pianificazione paesaggistica, che dovrebbe costituire la sede necessaria di valutazione del corretto inserimento degli interventi edilizi nei contesti sottoposti a tutela.
La stabilizzazione del Piano casa per effetto di un intervento unilaterale della Regione Toscana, in quanto contrastante con il principio di necessaria co-pianificazione tra Stato e regioni, determinerebbe infine anche la violazione del principio di leale collaborazione.
La Regione Toscana ha eccepito l’inammissibilità delle questioni promosse con il secondo motivo di ricorso, in quanto non sarebbe stato impugnato l’art. 2 della L.R. Toscana 101/2020, che prevede la proroga del termine per la presentazione dei titoli abilitativi necessari alla realizzazione di tutti gli interventi in deroga agli strumenti urbanistici. Ciò sarebbe stato necessario, in quanto le questioni indicate sarebbero incentrate sulla stabilizzazione delle misure straordinarie previste dal Piano casa per la Toscana, che il ricorrente ricollegherebbe sia all’estensione degli interventi in deroga disposta dall’art. 1 della legge regionale impugnata, sia alla proroga introdotta dall’art. 2 della medesima legge.
Nel merito, in riferimento al dedotto contrasto con gli artt. 9 e 117, cc. 1 e 2, lett. s, Cost. e con il principio di leale collaborazione, la resistente esclude che gli interventi straordinari previsti dal Piano casa per la Toscana, come emendato dalla disposizione impugnata, possano essere realizzati in deroga alle previsioni del piano paesaggistico.
In ogni caso, dalla data di entrata in vigore delle disposizioni contenute nel piano paesaggistico regionale, le disposizioni degli strumenti urbanistici eventualmente in contrasto con esse non troverebbero più applicazione per il meccanismo della prevalenza di queste ultime (artt. 143, c. 9, e 145, c. 3, del Codice), da ritenersi operante a prescindere dal richiamo del piano da parte delle leggi regionali.
La resistente deduce, altresì, che la disposizione impugnata non inciderebbe sull’applicazione della normativa generale concernente il rilascio e il rispetto delle autorizzazioni per la tutela paesaggistica, di talché in sede di rilascio dell’autorizzazione suddetta non potrebbero essere assentiti interventi non ammessi dal piano paesaggistico.
In riferimento all’ulteriore rilievo contenuto nel ricorso circa la potenziale derogabilità del piano paesaggistico anche con riguardo alle aree non soggette a vincolo paesaggistico, la Regione Toscana evidenzia che l’obbligo della co-pianificazione Stato-Regione varrebbe unicamente con riferimento ai beni soggetti al vincolo paesaggistico, con conseguente non fondatezza della tesi circa la necessità della valutazione complessiva della trasformazione del contesto tutelato.
Parimenti, gli interventi edilizi sulle unità immobiliari aventi destinazione d’uso commerciale al dettaglio non avrebbero dovuto trovare la loro disciplina all’interno del piano paesaggistico, che tra i suoi contenuti obbligatori e facoltativi (art. 143 del Codice) non contempla la regolamentazione delle trasformazioni edilizie sugli immobili.
In definitiva, sarebbero destituite di ogni fondamento anche le censure attinenti alla violazione dell’art. 9 Cost. e al contrasto con il principio di leale collaborazione, non risultando violato alcun obbligo di pianificazione congiunta.
Quanto alle questioni promosse in riferimento agli artt. 3 e 97 Cost., la Regione Toscana esclude che la legge regionale impugnata abbia stabilizzato le misure straordinarie del Piano casa, in violazione dei principi di ragionevolezza e buon andamento della pubblica amministrazione, evidenziando il carattere temporaneo delle finalità indicate nel preambolo del testo legislativo, ovverosia favorire ulteriormente la riqualificazione del patrimonio edilizio esistente e fronteggiare la crisi del settore delle costruzioni causata dalla situazione emergenziale dovuta alla pandemia.
Con specifico riferimento all’estensione degli interventi in deroga, la resistente invoca altresì la finalità di fronteggiare la crisi del settore del commercio al dettaglio, anch’esso duramente colpito dall’emergenza pandemica.
La Consulta ha esaminato in prospettiva unitaria le questioni di legittimità costituzionale, in quanto strettamente connesse; esse si incentrano sulla deroga alla pianificazione paesaggistica e all’obbligo di pianificazione congiunta, censurata in riferimento agli artt. 9 e 117, cc. 1 e 2, lett. s, Cost., e al principio di leale collaborazione.
La tutela ambientale e paesaggistica «costituisce un limite alla tutela degli altri interessi pubblici assegnati alla competenza concorrente delle Regioni in materia di governo del territorio e di valorizzazione dei beni culturali e ambientali, nonché a quelle residuali» (sentenza 201/2021; nonché sentenze 187 e 106/2022). Il sistema di pianificazione delineato dal Codice rappresenta, dunque, attuazione dell’art. 9, c. 2, Cost. ed è funzionale a una tutela organica e di ampio respiro, che non tollera interventi frammentari e incoerenti (sentenze 187, 45 e 24/2022, 219 e 74/2021).
La condizione per realizzare questo obiettivo è la concertazione del piano paesaggistico tra Stato e Regione (art. 135, c. 1, terzo periodo, del Codice), la sua cogenza per gli strumenti urbanistici dei Comuni, delle Città Metropolitane e delle Province, la sua non derogabilità da piani o progetti nazionali o regionali di sviluppo economico, nonché la sua immediata prevalenza rispetto alle disposizioni difformi eventualmente contenute negli strumenti urbanistici, come sancito dall’art. 145, c. 3, del Codice (sentenze 187 e 45/2022 e 261/2021).
Sulla base di tale premessa, il principio di prevalenza della tutela paesaggistica deve essere declinato nel senso che al legislatore regionale è impedito, nell’esercizio di proprie competenze «adottare normative che deroghino o contrastino con norme di tutela paesaggistica che pongono obblighi o divieti, ossia con previsioni di tutela in senso stretto, ma, altresì, introdurre limiti o condizioni, in qualsiasi forma, senza che ciò sia giustificato da più stringenti ragioni di tutela, le quali possono se del caso trovare riconoscimento anche negli strumenti urbanistici regionali o comunali, tanto più, poi, se dette limitazioni trovino giustificazione in mere esigenze urbanistiche» (sentenza 74/2021; nello stesso senso, sentenze 24/2022, 141 e 54/2021, 240/2020, 86/2019, 178, 68 e 66/2018).
In considerazione di tali presupposti, ripetutamente affermati (sentenze 187/2022, 201, 124, 74, 54 e 29/2021 e 189/2016), la Corte ha statuito che l’omessa indicazione, da parte di una norma regionale, della espressa necessità di rispettare il piano paesaggistico e il Codice, non determina di per sé l’illegittimità costituzionale della disposizione, ogni volta che quest’ultima sia suscettibile di interpretazione conforme ai criteri di competenza legislativa dettati dalla Costituzione e non abbia quindi l’effetto di sottrarre interventi urbanistici o edilizi alle previsioni del codice di settore e del piano paesaggistico, «dotate di immediata forza cogente, in difetto di esplicite indicazioni di segno contrario» (sentenza 24/2022).
Nella sentenza 124/2021, la Corte ha fatto applicazione dell’indicato principio con riferimento ad una norma regionale che, seppur non attuativa della disciplina del Piano casa, derogava in via generale agli strumenti di pianificazione urbanistica. In tale pronuncia, nel sancire che il principio di prevalenza della tutela paesaggistica può ritenersi violato solo a fronte di disposizioni regionali che contengono deroghe espresse a disposizioni specifiche del Codice (sentenze 141, 74 e 54/2021), la Corte ha precisato che la norma regionale che deroghi in via generale agli strumenti di pianificazione urbanistica non integra di per sé anche una deroga alle prescrizioni del richiamato Codice. In tal caso, infatti, occorre rifarsi al dato testuale e sistematico della disposizione regionale, al fine di verificare se la stessa deroghi esplicitamente al codice di settore, risultando peraltro del tutto irrilevante che quest’ultimo non sia oggetto di espresso richiamo.
Con la sentenza 170/2021, il medesimo principio ha trovato applicazione proprio con riguardo a disposizioni regionali attuative della disciplina del Piano casa, che – in quanto attinenti alla normativa urbanistica ed edilizia – vanno ascritte alla competenza legislativa concorrente delle regioni in materia di governo del territorio, ai sensi di quanto disposto dall’art. 117, c. 3, Cost. (sentenza 217/2020).
La richiamata sentenza 170/2021 ha affermato che una disciplina regionale volta ad ampliare, mediante proroga, il numero degli interventi assentibili in contrasto con la disciplina urbanistica non interferisce per ciò solo con il diverso profilo della tutela del paesaggio: invero, il «valore unitario e prevalente della pianificazione paesaggistica … mantiene intatta la sua forza imperativa anche con riguardo alle leggi regionali attuative del “piano casa”, piano che, pur nelle sue differenti versioni, deve essere sottoposto a stretta interpretazione per quel che attiene alla sua portata derogatoria».
Alla luce di tali principi la Corte ha vagliato le censure oggetto del primo motivo di ricorso, ritenendole non fondate.
Sulla base della giurisprudenza appena citata, la Corte non ha condiviso l’assunto del ricorrente per cui l’omesso richiamo da parte della legge regionale impugnata del piano paesaggistico e delle previsioni di tutela del Codice equivalga a una deroga, con la conseguente violazione della competenza legislativa esclusiva dello Stato nella materia dell’ambiente e dei beni culturali.
Tale giurisprudenza costituzionale ha peraltro trovato recente conferma nella sentenza 187/2022, nel cui ambito ne è stata precisata la portata con riferimento alle regioni, quale è la Regione Toscana, munite di piano paesaggistico. Si è dapprima ribadito il menzionato principio per cui l’omessa indicazione, da parte di una norma regionale, della espressa necessità di rispettare il piano paesaggistico e il Codice, non ne determina di per sé l’illegittimità costituzionale, ogni volta che quest’ultima sia suscettibile di interpretazione conforme ai criteri di competenza legislativa dettati dalla Costituzione. La sentenza indicata ha altresì specificato che «è però evidente che tale conclusione presuppone che la pianificazione paesaggistica sia vigente, perché in tal caso essa è immediatamente prevalente su eventuali prescrizioni difformi contenute negli strumenti urbanistici. Viceversa, quando … il piano paesaggistico manca, occorre maggiore cautela nel valutare la portata precettiva delle norme che intersechino profili attinenti con tale pianificazione. Non perché la Regione non possa in nessun caso attivare le proprie competenze legislative, ma perché va evitato il rischio che esse, afferendo … al governo del territorio, permettano il consolidamento di situazioni tali da ostacolare il compiuto sviluppo della pianificazione paesaggistica».
La circostanza che la Regione Toscana sia dotata di piano paesaggistico è, dunque, sufficiente ad escludere la necessità di un rinvio esplicito sia al Codice, sia al piano paesaggistico.
Inoltre, non risultano in alcun modo derogate dalla legge regionale sul Piano casa, come modificata dalla norma impugnata, le disposizioni che richiedono per la realizzazione degli interventi edilizi il rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche.
Per l’effetto, la norma oggetto di censura ben può essere intesa – in termini compatibili con l’ordinamento costituzionale – nel senso di includere il rispetto del Codice e delle invocate prescrizioni in esso contenute (artt. 135, 143 e 145), tra cui il principio di prevalenza del piano paesaggistico, che deve ritenersi operante anche in assenza di esplicita clausola di salvaguardia.
Una volta escluso che la normativa impugnata possa pregiudicare, in violazione degli artt. 9 e 117, c. 2, lett. s, Cost., le prescrizioni recate o riservate al piano paesaggistico, che concerne l’intero territorio regionale, ne deriva la non fondatezza della censura che, richiamando la Convenzione europea sul paesaggio, lamenta – in relazione all’art. 117, c. 1, Cost. – la compromissione delle aree non oggetto di vincolo.
Allo stesso modo, la Corte ha ritenuto non fondati i profili di illegittimità costituzionale legati alla violazione del principio di leale collaborazione.
Il Presidente del Consiglio dei ministri ha lamentato, infine, la violazione degli artt. 3 e 97 Cost.
La Corte, al fine di valutare la predetta eccezione, ha rilevato che reiterate proroghe di una disciplina eccezionale e transitoria, volta ad apportare deroghe alla pianificazione urbanistica al fine di consentire interventi edilizi di carattere straordinario, possono compromettere l’imprescindibile visione di sintesi, necessaria a ricondurre ad un assetto coerente i molteplici interessi che afferiscono al governo del territorio ed intersecano allo stesso tempo l’ambito della tutela dell’ambiente e dell’ecosistema (art. 117, c. 2, lett. s, Cost.).
Difatti, proprio con riguardo ad alcune legislazioni regionali sul cosiddetto Piano casa la Corte ha già sottolineato che «il prolungato succedersi delle proroghe di una disciplina derogatoria, in contrasto con le esigenze di una regolamentazione organica e razionale dell’assetto del territorio, presenta un innegabile rilievo» (sentenze 24/2022 e 170/2021). Inoltre, la previsione di «interventi parcellizzati, svincolati da una coerente e stabile cornice normativa di riferimento, trascura l’interesse all’ordinato sviluppo edilizio, proprio della pianificazione urbanistica» (sentenza 24/2022; nello stesso senso sentenza 219/2021).
Resta fermo quindi che un ripetuto protrarsi delle proroghe si presume irragionevole, posto che tende nel tempo a rendere definitiva una disciplina nata come transitoria. Tale prolungato e più volte ripetuto protrarsi delle proroghe espone a rischio il buon andamento dell’azione amministrativa nella tutela del territorio e nello sviluppo urbanistico, consegnandola ad una dimensione perennemente instabile e precaria.
Del resto, sin dalla sua formulazione originaria, è proprio l’art. 1 del Piano casa per la Toscana a presupporre che «la presente legge ha carattere straordinario», in conformità alla disciplina nazionale relativa al Piano casa.
Dette considerazioni, tuttavia, non afferiscono al contenuto precettivo della disposizione impugnata. Con il richiamato art. 1, infatti, il legislatore toscano ha esteso l’oggetto degli interventi in deroga, rispetto alla previgente disciplina, fino a ricomprendere determinate unità immobiliari aventi destinazione d’uso commerciale al dettaglio. Tale previsione investe, perciò, il contenuto dell’attività in deroga, ma non l’efficacia temporale di quest’ultima, che viene invece, come detto, disciplinata dall’art. 2 della L.R. Toscana 101/2020; disposizione, questa, non impugnata dal Presidente del Consiglio dei ministri. Questa norma, anche con riferimento agli interventi ai quali si riferisce l’art. 1 impugnato, permette la presentazione della SCIA, o la richiesta del permesso di costruire, entro il 31 dicembre 2022, anziché entro il termine in precedenza vigente, e già più volte prorogato, del 31 dicembre 2020.
È perciò a tale norma che va imputato l’effetto di stabilizzazione di un regime eccezionale derogatorio, che il ricorrente pone a base delle questioni di legittimità costituzionale promosse. La mera caducazione dell’art. 1 della L.R. Toscana 101/2020 non sarebbe pertanto idonea a far conseguire il risultato auspicato dal ricorrente (così le sentenze 68/2022, 239/2019 e 210/2015; similmente, le sentenze 22/2022 e 21/2020), in quanto – non travolgendo la proroga introdotta dal successivo art. 2 – lascerebbe invariata la possibilità di realizzare, per altri 2 anni, le misure straordinarie già previste dal Piano casa per la Toscana.
In conclusione, la lesione lamentata dal ricorrente deriva non solo dall’ampliamento dell’oggetto degli interventi, ma anche dalla circostanza che essi possono avere luogo nel termine introdotto dall’art. 2 della L.R. Toscana 101/2020. In difetto di tale termine nessun intervento potrebbe essere realizzato perché l’efficacia temporale della legge si sarebbe già esaurita.
Alla luce di quanto appena precisato, non avendo il ricorso investito l’art. 2 della L.R. Toscana 101/2020, la Corte ha dunque accolto l’eccezione di inammissibilità formulata dalla resistente.
[1] Disposizioni concernenti gli interventi sugli edifici a destinazione d’uso industriale o artigianale e commerciale al dettaglio. Proroga del termine per la presentazione dei titoli abilitativi degli interventi edilizi straordinari. Modifiche alla l.r. 24/2009.
[2] Misure urgenti e straordinarie volte al rilancio dell’economia e alla riqualificazione del patrimonio edilizio esistente.
[3] Atto di integrazione del piano di indirizzo territoriale (PIT) con valenza di piano paesaggistico. Approvazione ai sensi dell’articolo 19 della legge regionale 10 novembre 2014, n. 65 (Norme per il governo del territorio).