Con la sentenza n. 7024 del 9 agosto 2022, il Consiglio di Stato ha affermato che le verande sono sussumibili agli interventi di ristrutturazione edilizia richiedenti il previo rilascio del permesso di costruire allorché venga realizzato un ambiente assimilabile a quello interno all’abitazione, trasformando un elemento accessorio aperto in uno spazio chiuso, anche laddove possa aversi la piena vivibilità soltanto in corrispondenza di alcuni periodi dell’anno.
La ricorrente appellava la sentenza del TAR Puglia – Bari con cui il giudice di prime cure rigettava il ricorso diretto ad ottenere l’annullamento dell’ordinanza del Comune interessato dall’abuso edilizio avente ad oggetto la demolizione e rimessa in pristino dello stato dei luoghi, poiché la veranda determinerebbe un nuovo vano chiuso non autorizzato. Secondo l’appellante, invece, si sarebbe trattato di attività edilizia libera – opere di finitura di spazi esterni – per le quali non sarebbe stato necessario, ex art. 6 c. 1 lett. e ter del DPR 380/2001, il previo rilascio del titolo edilizio. Il TAR rilevava che la ricorrente avrebbe realizzato una veranda, modificando il prospetto del palazzo e trasformando la superficie in un vano chiuso, in violazione delle disposizioni della delibera della Giunta regionale di approvazione del regolamento edilizio tipo; inoltre, la chiusura perimetrale realizzata presenterebbe elementi di stabilità e permanenza.
Suffragando il giudizio di prime cure, il Consiglio ha ritenuto che l’intervento edilizio ha determinato la trasformazione dell’organismo edilizio preesistente, integrando gli estremi della ristrutturazione edilizia, da sottoporre al previo rilascio del titolo edilizio. Le opere eseguite non consentono di conservare gli elementi caratteristici del balcone, dando vita ad un elemento edilizio di natura diversa, configurante una veranda . Avendo l’intervento concretamente eseguito determinato la trasformazione dell’organismo edilizio, al fine di soddisfare esigenze non temporanee, emerge un intervento di trasformazione dell’organismo edilizio che, anziché migliorare la fruizione temporanea di uno spazio che rimane esterno rispetto all’unità a cui accede, dà vita ad una variazione planovolumetrica ed architettonica dell’immobile.
Alla luce delle considerazioni svolte, richiamando molteplici precedenti, il Consiglio ha rigettato l’appello, configurandosi nel caso esaminato un intervento di ristrutturazione edilizia richiedente il previo rilascio del permesso di costruire. In difetto del prescritto titolo abilitativo, il Comune risultava legittimato ad irrogare la sanzione ripristinatoria.