A) Tesi tradizionale della “immediata lesività delle clausole del bando di gara”. Essa si fonda sul principio secondo cui il bando di gara per l’aggiudicazione di un contratto della p.a. è immediatamente impugnabile solo qualora contenga “clausole impeditive dell’ammissione alla selezione”[1] Solamente in questi casi, infatti, il candidato estromesso dalla gara per gli effetti delle prescrizioni illegittime recate dal bando sarebbe titolare di una autonoma posizione soggettiva – sufficientemente differenziata e qualificata rispetto a quella della generalità dei consociati – concretamente ed attualmente pregiudicata che lo legittimerebbe all’impugnazione del bando. Per le clausole di diverso contenuto (ad es. criteri di scelta dell’aggiudicatario) tale lesione non potrebbe altro che essere – al momento di pubblicazione del bando – potenziale e dunque inidonea a configurare in capo al candidato un effettivo interesse a ricorrere[2]. Una eccezione è prevista qualora tali clausole risultino “ambigue”[3] e, pertanto insuscettive di essere interpretate con significato oggettivamente univoco in sede di ammissione degli aspiranti alla gara; in tale caso dovrà ritenersi possibile l’impugnazione del bando differita al momento dell’impugnazione dell’eventuale provvedimento di esclusione qualora quest’ultimo trovi la propria scaturigine proprio nella “clausola ambigua”.
B) Tesi della “esigenza di certezza dei rapporti giuridici”. Tale impostazione presenta una punto di partenza sostanzialmente comune a quello della teoria tradizionale – ossia che il bando di gara, generalmente, non è immediatamente lesivo e, quindi, non è impugnabile se non unitamente ai provvedimenti concreti che ne fanno applicazione – ma prospetta diverse eccezioni, di portata assai ampia, volte ad anticipare il momento ultimo per la tempestiva impugnazione del bando; eccezioni che, comunque, trovano il proprio comune denominatore nei seguenti presupposti:
-
l’adozione del bando “esaurisce” l’esercizio del potere discrezionale della p.a. con la conseguenza che la successiva attività procedimentale sarebbe vincolante ed inderogabile;
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la lesione dell’interesse dei partecipanti sarebbe immediata in quanto afferente alla loro stessa posizione di concorrenti;
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in capo a questi ultimi verrebbe, pertanto, a configurarsi un autonomo interesse a ricorrere avente ad oggetto la “legittimità delle regole e delle operazioni di gara;
-
In questi casi il candidato avrà l’onere di impugnare immediatamente il bando di gara senza attendere il relativo provvedimento attuativo.
a) qualora quest’ultimo contenga clausole che impediscano al partecipazione alla gara fissando “particolari requisiti soggettivi dei concorrenti”;
c) qualora le prescrizioni del bando impongano determinati oneri formali alle imprese partecipanti. È stata così ritenuta immediatamente lesiva e, dunque, autonomamente impugnabile quella clausola del bando di gara che imponeva, a pena di esclusione l’esibizione di un documento o di un attestato (nella specie carichi pendenti)[6];
d) qualora le clausole del bando di gara incidano sul modus operandi della commissione aggiudicatrice[7]. In tale caso la lesione della posizione di interesse dell’impresa sarebbe immediata, afferendo la clausola alle condizioni di partecipazione alla gara ed alla libertà di scelta in ordine alle determinazioni negoziali assunte nell’ambito del procedimento di scelta del contraente privato (fattispecie relativa alla previsione del bando relativa all’individuazione delle operazioni da svolgere in seduta private ed in seduta pubblica);
C) Tesi della “disapplicazione del bando di gara”. Tale orientamento, diversamente da quelli precedentemente delineati, tende addirittura ad escludere, per i candidati, l’onere della impugnazione del bando di gara, qualora si censuri la legittimità di un provvedimento esecutivo delle prescrizioni dello stesso, in quanto quest’ultimo – ove illegittimo – andrebbe disapplicato dal Giudice amministrativo
[11].Quindi, la Sezione, pur sostanzialmente aderendo all’orientamento sub B) – del quale comunque sintetizza i presupposti applicativi – se ne discosta sotto il profilo della effettiva consistenza dell’interesse a ricorrere del candidato; interesse che, ovviamente, non può ridurre la propria consistenza alla “mera legalità” del procedimento.
In sintesi, l’ampliamento dei casi nei quali richiedere al concorrente una tempestiva impugnazione del bando di gara non può certamente rifuggire dall’esigenza di un accertamento circa la presenza in concreto delle condizioni dell’azione processuale ed, in particolare, dell’interesse a ricorrere in quanto – questo sì è principio consolidato – il ricorso amministrativo non è rimedio dato nell’esclusivo interesse oggettivo della giustizia, ma principalmente per la tutela della posizioni dei singoli ove il provvedimento pregiudichi direttamente una lesione ai propri interessi. È dunque logico ritenere che, una generalizzata anticipazione dell’onere di impugnativa del bando di gara significherebbe minare la concezione della giustizia amministrativa come giurisdizione di tipo subiettivo in favore di una tutela oggettiva dell’interesse pubblico alla legittimità dell’atto amministrativo; pertanto la prescrizione del bando deve essere tempestivamente impugnata solo ove evidenzi una peculiare rilevanza immediata dell’interesse al ricorso riflesso della lesione della posizione giuridica tutelata. In tal senso, quindi, il bando di gara dovrà essere tempestivamente impugnato qualora esso concreti una immediata lesione – senza dunque attendere il concreto espletamento del procedimento – degli interessi sostanziali del candidato.
La Sezione provvede, poi, a definire concretamente i casi nei quali si verifica tale lesione individuandone due:
a) Illegittimità della clausole del bando afferenti la possibilità di formulare una adeguata offerta in quanto essa, incidendo sulla libertà di autodeterminazione negoziale, si palesa immediatamente, nel momento stesso di formulazione dell’offerta;
b) Illegittimità delle clausole del bando relative ad aspetti di carattere formale e/o procedimentale attinenti alla composizione del seggio di gara, oppure alla disciplina della sua attività. In questo caso l’interesse all’impugnativa si manifesta immediatamente in quanto diretta a denunciare vizi estrinseci del procedimento;
c) in tutti gli altri casi nei quali, ovviamente, il bando precluda al concorrente la partecipazione alla procedura concorsuale[13].
2 – Contratti della p.a. – Appalto di servizi – bando – onere di tempestiva impugnazione – fattispecie – vizio incidente sulla possibilità di formulare offerte adeguate – ricorre.
3 – Contratti della p.a. – Appalto di servizi – bando – onere di tempestiva impugnazione – fattispecie – vizi concernenti illegittimità di carattere formale o procedimentale – ricorre.
4 – Contratti della p.a. – Appalto di servizi – aggiudicazione – offerta economicamente più vantaggiosa – clausola del bando che prevede, ai fini dell’individuazione di tale offerta, l’utilizzazione dei risultati della fase di “qualificazione” dei candidati – illegittimità – ricorre.
5 – Amministrazioni Indipendenti – Autorità di Vigilanza sui ll.pp. – decisione – vincolatività per la p.a. – esclusione.
1 – Il ricorso amministrativo non è rimedio dato nell’esclusivo interesse oggettivo della giustizia, ma principalmente per tutelare posizioni dei singoli, i quali non sono tenuti a denunciare l’illegittimità degli atti, della quale pure abbiano conoscenza, se non nei limiti e nel momento in cui tale illegittimità si traduca concretamente in una lesione ai propri interessi[14]. Deve, pertanto escludersi che l’onere di immediata impugnazione derivi dall’obbligo di “leale collaborazione” del privato in quanto tale dovere non opera nei casi in cui il procedimento sia condotto unilateralmente dalla p.a., essendo per contro necessario che il vizio lamentato sia idoneo ad evidenziare una peculiare rilevanza immediata dell’interesse al ricorso e della correlata posizione giuridica tutelata, di modo che il gravame non sia condizionato, in modo apprezzabile, dal concreto svolgimento dell’iter procedimentale o dalla sua conclusione.
2 – Il concorrente è onerato della tempestiva impugnazione del bando di gara qualora il vizio lamentato incida sulla stessa possibilità di formulare una adeguata offerta in quanto il pregiudizio lamentato, attenendo alla libertà di autodeterminazione negoziale, si palesa immediatamente già al momento della formulazione dell’offerta economica.
3 – Il concorrente è onerato della tempestiva impugnazione del bando di gara qualora il vizio lamentato concerna illegittimità di carattere formale o procedimentale attinenti alla composizione del seggio di gara ovvero alla disciplina della sua attività. In questi casi, infatti, la posizione differenziata e strumentale al corretto svolgimento della selezione si connette strettamente alla libertà negoziale ed alla tutela del fisiologico confronto concorrenziale con le altre imprese.
4 – È illegittima la clausola del bando di gara che statuisce l’attribuzione di un punteggio ai titoli dei concorrenti (contestualmente vagliati per qualificare i soggetti da inviare alla procedura ristretta) in quanto la valutazione del percorso professionale del concorrente, proprio perché preordinata alla qualificazione nell’ambito della gara, non può legittimamente riflettersi anche sulla individuazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
5 – Le determinazioni e regolazioni dell’Autorità di Vigilanza sui ll.pp. non spiegano alcuna efficacia vincolante nei giudizi promossi davanti all’Autorità giurisdizionale, né determinano, sul piano sostanziale, un obbligo di adeguamento da parte della p.a., ma possono costituire esclusivamente un contributo utile a delineare alcuni aspetti delle questioni proposte.
2. L’appellante contesta la decisione di primo grado, deducendo l’inammissibilità e l’infondatezza dell’originario ricorso.
3. Il Consorzio si è costituito in giudizio, proponendo un appello incidentale, di contenuto parzialmente analogo a quello dell’appello principale.
4. L’appellato resiste ad entrambi i gravami.
Con deliberazione del consiglio di amministrazione n. 2, in data 8 gennaio 1999, il Consorzio Intercomunale Acqua Gas e Pubblici Servizi di Prato (CONSIAG), approvava il bando del concorso per l’affidamento della progettazione definitiva ed esecutiva dell’edificio destinato ai nuovi uffici dell’ente.
Il bando prevedeva che “l’affidamento avverrà mediante procedura ristretta ai sensi del decreto legislativo n. 157/1995, con ammissione, alla seconda fase, di dieci concorrenti”.
La lex specialis di gara, poi, stabiliva la seguente disciplina. “Il Consiag nominerà una giuria composta da sette membri effettivi e da due membri supplenti per la selezione dei dieci concorrenti. La giuria, presa visione della regolarità dei documenti trasmessi, assegnerà a ciascun partecipante un punteggio compreso tra il minimo e il massimo di seguito prefissato:
1 – attività particolari: punti da zero a trentacinque;
2 – qualità architettonica e rilevanza economica dei progetti svolti negli ultimi 10 anni: punti da zero a settanta;
3 – organizzazione del gruppo di lavoro ed elenco attrezzature e strumenti: punti da zero a settanta”.
“Risulteranno vincitori della prima fase i concorrenti che avranno totalizzato i 10 punteggi più alti, tenendo conto che, per essere dichiarati idonei, gli stessi dovranno ottenere un punteggio minimo di 90 punti”.
Secondo il bando, “i concorrenti selezionati alla seconda fase dovranno presentare una soluzione architettonica complessiva”, composta da una proposta progettuale (articolata in vari elaborati), dalla dichiarazione del tempo richiesto per la progettazione definitiva ed esecutiva, dal programma dei lavori”.
“Le proposte pervenute saranno valutate dalla giuria, in base ai seguenti criteri:
“A) – soluzione urbanistica, qualità architettonica e funzionalità delle proposte progettuali: punti da zero a settanta;
B) – dichiarazione del tempo per la progettazione dimostrabile attraverso il diagramma di GANT: punti da zero a trentacinque;
C) – organizzazione dei lavori di progettazione: punti da zero a settanta.”
“La graduatoria finale sarà formata dai concorrenti che in entrambe le fasi (prima fase e seconda fase) abbiano riportato un punteggio minimo di novanta punti e, quindi, mediante sommatoria degli stessi.”
Al secondo posto si collocava il raggruppamento di Claudio Nardi, con il punteggio di 315 punti (150 per la prima fase e 165 per la seconda fase). Il raggruppamento di Loris Macci otteneva il terzo posto, con 310 punti (145 per la prima fase e 165 per la seconda fase).
a) il bando di gara, limitatamente alla parte in cui prevede che “la graduatoria finale sarà formata dai concorrenti che in entrambe le fasi (prima fase e seconda fase) abbiano riportato un punteggio minimo di novanta punti e, quindi, mediante sommatoria degli stessi”;
b) la lettera di invito a partecipare alla seconda fase della procedura, nella parte in cui si ribadisce la predetta clausola del bando;
c) l’approvazione della graduatoria e l’affidamento dell’incarico al raggruppamento facente capo all’Architetto Fuksas.
La sentenza appellata ha inoltre adottato la seguente statuizione:
“accerta e dichiara il diritto della parte ricorrente all’aggiudicazione della gara di appalto de qua (in tale capo di pronunzia rimanendo assorbita, giusta quanto in motivazione esplicitato al punto 5, la domanda di reintegrazione in forma specifica dalla parte ricorrente avanzata in via subordinata)”.
A supporto del proprio assunto, gli appellanti indicano l’orientamento interpretativo affermato, negli ultimi anni, da una parte della giurisprudenza della Sezione, diretto ad ampliare le ipotesi in cui il soggetto partecipante ad una gara o ad un concorso ha l’onere di impugnare immediatamente le clausole del bando ritenute illegittime ed applicate dal seggio di gara.
La tesi tradizionale, ripetutamente affermata dalla giurisprudenza del Consiglio (e ribadita, comunque, anche da decisioni recentissime), afferma il principio secondo cui il bando di gara per l’aggiudicazione di un contratto della pubblica amministrazione è immediatamente impugnabile solo se contiene clausole impeditive dell’ammissione alla selezione, e non anche con riferimento alle clausole che individuano i criteri che saranno adottati per l’aggiudicazione, con la conseguenza che la partecipazione alla gara e la presentazione dell’offerta non costituiscono acquiescenza e non impediscono, quindi, la proposizione di un eventuale gravame (C. Stato, sez. VI, 06-10-1999, n. 1326).
Infatti, secondo questa linea ermeneutica, l’interesse all’impugnazione degli atti relativi alla scelta dell’aggiudicatario sorge soltanto all’esito della procedura di selezione, atteso che l’onere di immediata impugnazione degli atti relativi alla fissazione della lex specialis di gara è ipotizzabile solo quando il bando o la lettera di invito contengono prescrizioni dirette a precludere la stessa partecipazione dell’interessato al procedimento concorsuale (C. Stato, sez. V, 29-01-1999, n. 90).
Peraltro, l’impugnazione del bando differita al momento dell’impugnazione del provvedimento di esclusione è comunque ammissibile quando la clausola del bando è ambigua e tale da prestarsi a differenti interpretazioni da parte dell’amministrazione in sede di ammissione degli aspiranti al concorso (C. Stato, sez. VI, 10-08-1999, n. 1020).
a. mediante l’adozione del bando, l’amministrazione consuma il proprio potere discrezionale e la successiva attività procedimentale è vincolante ed inderogabile;
b. la lesione della posizione di interesse dei partecipanti è immediata, perché attiene, direttamente, alla loro stessa condizione di concorrenti alla selezione;
c. l’interesse differenziato, che giustifica il ricorso, riguarda la legittimità delle regole e delle operazioni di gara.
La prima, conforme ad una consolidata linea ermeneutica, riguarda l’ipotesi delle clausole del bando che impediscono la partecipazione alla gara, fissando particolari requisiti soggettivi dei concorrenti; in tale eventualità sussiste l’onere della parte interessata di impugnare tempestivamente l’atto.
In tal senso, si ribadisce che i bandi di concorso, se contenenti clausole immediatamente lesive dell’interesse degli aspiranti (perché impongono determinati requisiti di partecipazione), devono essere immediatamente ed autonomamente impugnati, con conseguente inammissibilità sia dell’impugnazione rivolta solo contro il provvedimento di esclusione dal concorso, costituente atto meramente esecutivo e applicativo del bando, sia dell’impugnazione contestuale del bando stesso e dell’esclusione, ove siano decorsi i termini per il ricorso contro il bando stesso.
Pertanto, l’impresa che ritenga illogica una clausola del bando deve impugnarla prima della presentazione dell’offerta e non all’esito della gara, ponendosi essa come obiettivo ostacolo alla formulazione di quest’ultima sulla base di elementi prevedibili, e non assolutamente aleatori: nella specie, in un concorso di progettazione di opera pubblica si prevedeva il maggior punteggio al progetto il cui costo si fosse avvicinato di più alla media aritmetica dell’insieme di tutti i progetti presentati (C. Stato, sez. V, 11-01-1999, n. 1757/98).
Secondo tale orientamento, nei pubblici appalti, la lesività delle norme del bando relative ai criteri di aggiudicazione ed alle modalità di svolgimento della gara non si manifesta per la prima volta con l’aggiudicazione, bensì nel momento anteriore nel quale sono assunte come regole con le quali l’amministrazione autolimita la propria libertà di apprezzamento, con conseguente onere di tempestiva impugnazione in capo alle imprese partecipanti (C. Stato, sez. V, 22-03-1999, n. 302).
In tale ambito si inserisce l’affermazione secondo cui le prescrizioni del bando di gara che incidono direttamente sulle posizioni dei concorrenti alla gara di appalto sono immediatamente ed autonomamente lesive per cui devono essere impugnate nei termini di rito, decorrenti dal momento della loro conoscenza, senza attendere il conseguente atto di esclusione: nella specie, è stata ritenuta immediatamente lesiva la clausola del bando che prescriveva l’esclusione automatica delle offerte anomale (C. Stato, sez. IV, 05-07-1999, n. 1158).
La decisione n. 2990/2000 pone in luce “ l’esigenza di certezza dei rapporti giuridici, cui si ricollega il regime di impugnazione dei provvedimenti amministrativi, che sarebbe ingiustificatamente elusa se fosse consentito alle imprese di partecipare alla gara rimanendo inerti di fronte a prescrizioni inidonee a garantire il corretto operare delle regole di concorrenza, per poi impugnare il bando, al quale hanno prestato adesione in modo univoco e concludente, una volta conosciuto l’esito sfavorevole del procedimento”.
La dottrina evidenzia come tale atteggiamento interpretativo è, in qualche misura, ispirato dall’esigenza di reagire ad una eccessiva proliferazione dei ricorsi, stigmatizzando le condotte “poco leali” di determinati concorrenti, i quali partecipano alla gara, con una sorta di “riserva mentale”, sciolta soltanto nel caso di esito sfavorevole del procedimento.
L’autonomia dell’interesse sembra manifestarsi, in particolare, tutte le volte in cui le prescrizioni del bando fissano regole che segnano un’incidenza, diretta od indiretta (ma sempre determinante) sulle condotte delle imprese concorrenti, già rilevanti all’interno dello svolgimento della gara.
La rilevanza diretta si manifesta in relazione a quelle prescrizioni che impongono ai partecipanti determinati oneri formali, quali la produzione di documenti o la redazione dell’offerta secondo specifiche modalità. Il risalto indiretto, ma pure decisivo, concerne le clausole del bando che, stabilendo, in modo puntuale e vincolante, determinati criteri di valutazione dell’offerta, ne condizionano la stessa composizione interna.
Non solo, ma un indirizzo affermato da alcuni giudici di primo grado sostiene che in ipotesi di ricorsi proposti contro i provvedimenti intervenuti nel corso della procedura concorsuale (di esclusione o di aggiudicazione) esecutivi delle prescrizioni contenute nella lex specialis di gara, non è più necessaria la preventiva o la contestuale impugnazione del bando: questo, se illegittimo, va disapplicato dal giudice amministrativo (TAR Lombardia, III Sez., 5 maggio 1998, n. 922; 2 aprile 1997, n. 354).
La tesi indicata per ultima, tuttavia, non può essere condivisa: il potere di disapplicazione del giudice amministrativo va circoscritto solo agli atti amministrativi a contenuto propriamente normativo; pertanto esso non può operare in relazione al bando di gara, che è riconducibile a manifestazione di volontà provvedimentale e non ad atto regolamentare (C. Stato, sez. IV, 27-08-1998, n. 568).
Diversamente da quanto ritenuto da un tribunale (Tar Lombardia 8 agosto 2000, n. 234), poi, dette conclusioni restano ferme anche nell’ipotesi in cui l’illegittimità del bando deriva dal contrasto con la normativa comunitaria, a meno che non si acceda alla idea secondo cui l’invalidità basata su questo parametro comporta la radicale nullità dell’atto.
Secondo tale indirizzo:
a. il bando è un atto generale che, non rivolgendosi a destinatari determinati, non comporta, di per sé solo, alcuna immediata lesione, la quale si concretizza e attualizza solo con l’emanazione degli specifici provvedimenti di esclusione;
b. non può escludersi la possibilità per l’amministrazione di non dare applicazione a clausole del bando illegittime, o di dare alle clausole del bando un’interpretazione conforme alla legge;
c. l’impugnazione del bando, anche in relazione alle clausole che fissano requisiti di partecipazione, è mera facoltà dell’interessato e non già un onere imposto a pena di decadenza.
13. Peraltro, l’Adunanza Plenaria, con ordinanza 4 dicembre 1998, n. 1, ha ribadito l’orientamento più tradizionale e consolidato, in forza del quale il bando di un pubblico concorso contenente clausole direttamente lesive dell’interesse dei candidati, che fissano i requisiti di partecipazione alla procedura selettiva, deve essere autonomamente ed immediatamente impugnato.
La pronuncia dell’Adunanza Plenaria esclude, quindi, che il termine per l’impugnazione del bando possa essere posticipato al momento in cui viene adottato il provvedimento applicativo. La decisione non prende posizione, invece, sul problema della individuazione degli ulteriori casi in cui l’interessato ha l’onere di impugnare immediatamente il bando.
In particolare, l’onere di immediata impugnazione del bando è subordinato ad un’accurata analisi della singola fattispecie, che metta in luce, fra l’altro, i seguenti aspetti:
a. il contenuto della clausola del bando sospetta di illegittimità;
b. il tipo di vizio dedotto dalla parte ricorrente;
c. l’interesse manifestato dall’impresa;
d. l’attitudine della partecipazione alla procedura selettiva a manifestare univocamente l’acquiescenza alle regole della gara;
e. l’influenza della regola fissata dal bando sui comportamenti dei concorrenti e sulla condotta della stazione appaltante;
f. l’incidenza della clausola sullo svolgimento concreto della gara e sui suoi esiti.
La ricerca di adeguati criteri selettivi, pur nell’ottica di un marcato ampliamento delle ipotesi di immediata impugnabilità del bando, deriva anche da un’altra considerazione, puntualmente sottolineata dalla dottrina. Sostenere che tutte le clausole del bando regolanti le modalità procedurali della gara devono essere immediatamente impugnate, perché lesive di un interesse generale alla legittimità dell’azione amministrativa, significherebbe minare la concezione del processo amministrativo come giurisdizione di tipo subiettivo (per la protezione di posizioni sostanziali autonome e differenziate), in favore di una tutela oggettiva dell’interesse pubblico alla legittimità dell’atto amministrativo.
La decisione confuta la tesi secondo cui l’onere di immediata impugnazione deriverebbe anche da un “obbligo di leale cooperazione” del privato. Tale dovere non opera nei casi in cui il procedimento sia “condotto unilateralmente dall’amministrazione”, essendo, “per contro, onere esclusivo di quest’ultima adoperarsi perché la propria attività si svolga in conformità alla legge”.
Si consideri, in primo luogo, il caso di vizi del bando di gara incidenti sulla stessa possibilità di formulare una adeguata offerta. In tali eventualità, l’onere di immediata impugnazione mira ad evitare che il concorrente, solo perché non aggiudicatario, possa rimettere in discussione l’intero procedimento contrattuale, al quale ha pure partecipato senza esprimere riserve.
Il pregiudizio lamentato, attenendo alla libertà di autodeterminazione negoziale, si palesa, immediatamente, già al momento della formulazione dell’offerta economica. La mancata aggiudicazione del contratto determina solo l’aggravamento e la definitiva cristallizzazione della lesione, ma non comporta l’autonoma insorgenza dell’interesse al gravame.
Ammettendosi l’impugnazione del bando differita e contestuale alla proposizione del ricorso contro l’aggiudicazione, si permetterebbe a tutti i concorrenti, diversi dall’aggiudicatario, di vanificare in radice l’attività compiuta.
In questo ambito concettuale si situano le pronunce cautelari citate dal Consiag (V, 20 settembre 2000 e 12 dicembre 2000, n. 6356), che hanno affermato l’onere di immediata impugnazione delle clausole del bando riguardanti la fissazione della durata delle prove concorsuali: in detta eventualità appare evidente il carattere meramente strumentale dell’interesse fatto valere, del tutto insensibile alle vicende conclusive del procedimento.
In tali casi, manca la possibilità di una lesione rinnovata al momento della chiusura del procedimento ad evidenza pubblica. Infatti, la clausola riguardante le modalità formali di svolgimento della gara, se non fosse immediatamente lesiva, non lo sarebbe nemmeno in un momento successivo. Poiché la prescrizione del bando ha per oggetto la protezione di un mero interesse procedimentale, non sarebbe neppure configurabile una posizione di interesse legittimo tutelabile.
La dedotta illegittimità del bando non tocca la composizione dell’offerta, nei suoi aspetti economici e tecnici.
Ma i vizi prospettati non riguardano nemmeno i profili meramente formali ed estrinseci dello sviluppo procedimentale della selezione contrattuale.
Al contrario, nella vicenda in giudizio, le censure proposte dall’interessato riguardano i contenuti sostanziali della procedura svolta, in relazione alle sue concrete applicazioni.
Non pare che la pronuncia, in relazione al ristretto ambito oggettivo preso in considerazione, possa estendersi alle ipotesi in cui l’impugnazione assume ad oggetto una clausola idonea ad incidere sulla concreta valutazione delle offerte e dei requisiti soggettivi dei concorrenti, collegata, dunque, ad una successiva manifestazione di volontà discrezionale (la quale attribuisce rilevanza anche ai vari profili strettamente tecnici, insiti nell’apprezzamento specialistico riservato alla “giuria”), compiutamente espressa solo in sede di attuazione della clausola.
Al riguardo, è sufficiente osservare che l’asserita illegittimità della clausola del bando, nella parte in cui dispone la valutazione dei titoli di ammissione attraverso la scissione della procedura in due distinte fasi, indica una lesione solo potenziale, al momento di adozione dell’atto, che può diventare attuale, eventualmente, all’esito della gara.
La tesi non può essere condivisa.
A tutto concedere, siffatto interesse potrebbe riconoscersi in capo ai soggetti non classificati tra i primi dieci e, quindi, esclusi definitivamente dalla procedura. Per questi concorrenti (ma solo per essi) la conclusione della prima fase segna l’arresto definitivo del procedimento e provoca l’insorgenza del pregiudizio e dell’interesse al ricorso.
La formazione della graduatoria provvisoria, invece, appare neutrale, in relazione all’interesse all’impugnativa del bando da parte degli altri concorrenti, ammessi a presentare l’offerta.
Basta osservare, al riguardo, che l’interesse all’impugnativa è strettamente correlato agli ulteriori sviluppi procedimentali della selezione concorsuale:
a. i concorrenti meglio graduati nella prima fase potrebbero non presentare offerte;
b. la sommatoria dei punteggi potrebbe comunque consentire al soggetto collocato in posizione deteriore nella prima fase di ottenere l’affidamento dell’incarico;
c. all’opposto, tale soggetto potrebbe conseguire un punteggio del tutto insufficiente nella fase di valutazione delle offerte.
In altri termini, l’interesse all’impugnazione del bando, in relazione al vizio dedotto ed alla posizione della parte, è strettamente connesso alla non irragionevole possibilità (valutabile solo ex post, all’esito della gara), che il ricorrente, secondo una procedura legittima, avrebbe ottenuto l’affidamento dell’incarico, nell’ambito di una selezione incentrata sulla valutazione dell’offerta, senza rilievo determinante dei requisiti di idoneità soggettiva.
Ne consegue, quindi, l’ammissibilità e la tempestività del ricorso di primo grado, ritualmente proposto, congiuntamente, contro il bando e contro l’atto di affidamento dell’incarico.
23. Con un secondo motivo, l’appellante principale e l’appellante incidentale contestano, nel merito, la decisione del tribunale.
Secondo la pronuncia appellata, la clausola del bando che statuisce l’attribuzione di un punteggio ai titoli dei concorrenti (contestualmente vagliati per qualificare i soggetti da invitare alla procedura ristretta), è illegittima, in quanto la disciplina applicabile alla fattispecie in esame non consente, “ai fini della valutazione dell’offerta più vantaggiosa, alcuna valutabilità dei requisiti di ammissione alla gara”.
La contestata prescrizione del bando, relativa alla sommatoria dei punteggi ottenuti dai concorrenti nelle due fasi della selezione, “ha operato un’illegittima commistione di due distinti profili di rilevanza delle posizioni dei partecipanti”.
L’argomento esposto non è condivisibile: la valutazione del percorso professionale del concorrente, proprio perché preordinata alla qualificazione nell’ambito della gara, non può legittimamente riflettersi anche sulla individuazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
L’articolo 14 individua le modalità di apprezzamento della prescritta capacità tecnica.
“La dimostrazione delle capacità tecniche dei concorrenti, negli appalti di cui all’allegato 1, può essere fornita mediante:
a) l’elenco dei principali servizi prestati negli ultimi tre anni con l’indicazione degli importi, delle date e dei destinatari, pubblici o privati, dei servizi stessi; se trattasi di servizi prestati a favore di amministrazioni o enti pubblici, esse sono provate da certificati rilasciati e vistati dalle amministrazioni o dagli enti medesimi; se trattasi di servizi prestati a privati, l’effettuazione effettiva della prestazione è dichiarata da questi o, in mancanza, dallo stesso concorrente;
b) l’elenco dei titoli di studio e professionali dei prestatori di servizi e/o dei dirigenti dell’impresa concorrente e, in particolare, dei soggetti concretamente responsabili della prestazione di servizi;
c) l’indicazione dei tecnici e degli organi tecnici, facenti direttamente capo, o meno, al concorrente e, in particolare, di quelli incaricati dei controlli di qualità;
d) l’indicazione del numero medio annuo di dipendenti del concorrente e il numero di dirigenti impiegati negli ultimi tre anni;
e) la descrizione delle attrezzature tecniche, dei materiali, degli strumenti, compresi quelli di studio e di ricerca, utilizzati per la prestazione del servizio e delle misure adottate per garantire la qualità”.
L’articolo 23 stabilisce i caratteri dell’offerta economicamente più vantaggiosa, “valutabile in base ad elementi diversi, variabili secondo il contratto in questione, quali, ad esempio, il merito tecnico, la qualità, le caratteristiche estetiche e funzionali, il servizio successivo alla vendita, l’assistenza tecnica, il termine di consegna o esecuzione, il prezzo”.
In tale contesto, anche il “merito tecnico”, seppure non descritto analiticamente, risulta correlato essenzialmente alle caratteristiche oggettive dell’offerta del concorrente, piuttosto che alle qualità soggettive, le quali, comunque, non possono assumere, almeno di regola, un peso sproporzionato rispetto agli altri elementi.
Una volta riconosciuta l’astratta idoneità dei concorrenti, questi sono posti in una posizione di assoluta parità, in applicazione dei principi concorrenziali del diritto comunitario. Il contratto (od il servizio) deve essere affidato al soggetto che presenta l’offerta oggettivamente migliore, non rilevando il precedente curriculum professionale, salvo l’apprezzamento del “merito tecnico”, il quale, peraltro, rappresenta solo uno degli elementi valutabili e non può mai assumere rilievo eccessivo (nella specie pari al 50% del punteggio globale), almeno in relazione alle pregresse esperienze professionali dei concorrenti.
Senza dire, poi, che, in ordine alla definizione dei criteri di individuazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa la scelta del legislatore interno (D.P.C.M. 27 febbraio 1997, n. 116) di attribuire rilevanza, sia pure parziale, ad elementi già valutati in sede di prequalificazione appare di dubbia compatibilità con il diritto comunitario, come già rilevato dalla Commissione (atto del 27 settembre 1998), la quale ha avviato una procedura di infrazione nei confronti dello Stato italiano.
L’organo europeo richiama l’articolo 36 della direttiva 92/50/CEE, in forza del quale, nel caso dell’offerta economicamente più vantaggiosa possono essere presi in considerazione “vari criteri relativi all’appalto, quali ad esempio qualità, merito tecnico”.
Secondo la Commissione “tali criteri sono indicati a titolo esemplificativo, ma come si vede, si riferiscono tutti alla prestazione da eseguire concretamente e mirano a definire quale degli offerenti (tutti i candidati considerati idonei) sarà in grado di fornire nel caso concreto la prestazione migliore al prezzo più competitivo”.
È vero che, allo stato, il contenzioso comunitario non è definito. Tuttavia, anche mettendo da parte i dubbi sulla legittimità della valutazione, in sé, di aspetti meramente soggettivi del concorrente, resta ferma l’irragionevolezza di una previsione del bando che considera gli stessi criteri tanto come requisiti di ammissione, quanto come elementi di valutazione dell’offerta, utili ai fini della formazione della graduatoria.
La norma ribadisce il principio secondo cui per gli incarichi di maggiore importo è comunque necessario l’espletamento di gare rette da diverse regole. In ogni caso, poi, l’affidamento, basato esclusivamente sulla valutazione dei curricula, conferma la profonda differenza logica e strutturale dal metodo di affidamento dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
Detta normativa si inserisce in un sistema retto da regole e principi autonomi, solo in parte esportabili nel settore dei contratti.
In ogni caso, il giudizio di merito sulla prova scritta è logicamente ben distinto dalla verifica dei requisiti soggettivi di partecipazione al concorso.
30. Contrariamente a quanto ritenuto dall’appellante principale, poi, la previsione del bando incide in modo vistoso sulla par condicio tra i partecipanti alla procedura selettiva, sbilanciando la valutazione dei concorrenti, a tutto vantaggio di coloro che sono in possesso di un migliore curriculum professionale, e svilendo il rilievo oggettivo dell’offerta presentata.
Nella ripartizione del punteggio complessivo, metà di questo è riservato alla prima fase, concernente l’apprezzamento soggettivo del progettista. In tal modo risulta smentito l’assunto dell’appellante principale, secondo cui, “nel caso in esame siamo in presenza di un concorso misto di progettazione e di servizi di architettura in cui si presentano elementi di valutazione del progetto ed elementi di valutazione del progettista, nel quale, tuttavia, va data senz’altro prevalenza agli elementi concernenti il servizio di progettazione”.
La tesi proposta non è condivisibile. Intanto, non può essere confusa l’attività preordinata a vagliare la ammissibilità formale della domanda di partecipazione con quella diretta a verificare l’idoneità tecnica dei concorrenti, preliminare all’apprezzamento dell’offerta, nelle sue componenti oggettive.
Al contrario, tutta la prima fase ha avuto il duplice scopo di qualificare i concorrenti, in base alle caratteristiche soggettive dimostrate e di delineare, al tempo stesso, una graduatoria provvisoria, poi “trascinata” nel periodo successivo .
Tale atto non spiega alcuna efficacia vincolante nel giudizio in corso, né determina, sul piano sostanziale, un obbligo di adeguamento da parte della stazione appaltante, ma costituisce un contributo utile a delineare alcuni aspetti della questione in esame.
Secondo l’Autorità, “il bando in esame è stato predisposto seguendo le modalità previste dal D.lgs 157/95 per le licitazioni private; in quanto, essendo il costo presunto dell’opera di L. 50 mld, era possibile prevedere che il corrispettivo per l’incarico di progettazione superasse la soglia dei 200.000 ECU.
Gli elementi richiesti per la fase di prequalifica (ricerche, mostre, riconoscimenti, pubblicazioni), progettazioni svolte nell’ultimo decennio, modalità di organizzazione per l’espletamento dell’incarico e strumentazioni o attrezzature utilizzate, sono i requisiti previsti dall’art.14 del citato D. lgs 157/95 per la dimostrazione della capacità tecnica del concorrente; requisiti che ai sensi dell’art.22 dello stesso decreto legislativo valgono per l’ammissione dei candidati alla fase di presentazione delle offerte nelle licitazioni private.
Per quanto concerne i criteri fissati per l’anzidetta seconda fase, la previsione del bando secondo cui la graduatoria finale è data dalla somma dei punteggi, non inferiore a punti 90, riportati dai concorrenti in ciascuna delle distinte fasi della procedura, quella di prequalificazione e quella di valutazione del progetto in concorso, dà origine ad una procedura caratterizzata dalla sostanziale commistione delle suddette fasi, concettualmente e funzionalmente distinte. Tale procedura contraddice al fondamento del concorso di progettazione e risulta non conforme al principio della trasparenza dell’azione amministrativa.
Va quindi confermato il principio indicato nell’atto di determinazione n. 6 dell’8 novembre 1999, di separatezza tra la fase della qualificazione e quella della valutazione dell’offerta; principio tanto più valido per la procedura del concorso di progettazione la quale è diretta alla scelta della migliore tra le prestazioni già rese e offerte alla valutazione dell’amministrazione, anziché all’individuazione del concorrente più idoneo a rendere, alle migliori condizioni, la futura prestazione”.
33. Con il motivo rubricato al n. 3 del proprio appello incidentale, il Consiag lamenta la violazione dei principi generali in materia di annullamento di atti, contestando il capo della sentenza di primo grado che dichiara il diritto del ricorrente ad ottenere l’aggiudicazione dell’incarico in contestazione.
Secondo l’appellante, “la volontà univoca del Consiag era quella di affidare l’incarico di progettazione non solo sulla base del progetto presentato, ma anche tenendo conto dei curricula dei concorrenti. Ciò significa che il bando, così come articolato, costituisce un unicum inscindibile, con la conseguenza che l’annullamento di una clausola essenziale (la valutazione congiunta dei due profili sopra detti) comporta necessariamente l’annullamento dell’intero bando e non della sola clausola.”
Il motivo è fondato.
L’accertata illegittimità del bando non può determinare, in questo caso, una sorta di integrazione della lex specialis di gara.
Le clausole concernenti la suddivisione del concorso in due distinte fasi assumono un rilievo essenziale nell’ambito dell’intera procedura.
In particolare, la riscontrata illegittimità del bando, nella parte in cui realizza una commistione tra la valutazione di idoneità del concorrente e l’apprezzamento delle caratteristiche oggettive dell’offerta, non impedisce all’amministrazione, in sede di rinnovazione della procedura, di fissare nuovi ed autonomi requisiti di ammissione.
Inoltre, non può escludersi, a priori, una rinnovazione del bando che attribuisca rilievo al merito tecnico dei concorrenti (nei limiti consentiti dalla normativa comunitaria).
Senza dire, poi, che l’accertata illegittimità di una qualificazione dei concorrenti basata su una graduatoria di merito, impone all’amministrazione di rinnovare la gara sin da tale momento, proprio allo scopo di garantire una più ampia partecipazione, condizionata solo dal possesso di determinati requisiti soggettivi, ragionevolmente idonei a dimostrare l’affidabilità del professionista.
La circostanza che tale soggetto abbia proposto un autonomo ricorso straordinario contro gli atti di gara non spiega effetti processuali sul giudizio in corso, ma assume rilievo per dimostrare che, nei suoi confronti, gli atti di gara non risultano ancora divenuti inoppugnabili.
Quindi, anche prescindendo dalla portata oggettiva degli effetti annullatori della sentenza amministrativa, va escluso che, in concreto, l’accoglimento del ricorso proposto dall’Arch. Nardi possa comportare l’accertamento del diritto all’affidamento dell’incarico.
Peraltro, la portata conformativa dell’annullamento dell’aggiudicazione e del bando non determina affatto la mera cancellazione della prima fase della gara (e del relativo punteggio), ma impone all’amministrazione di rivalutare ex novo tutti i presupposti della gara, anche in relazione alla fissazione di nuovi criteri di ammissione e di valutazione delle offerte.
Pertanto, non può trovare accoglimento nemmeno la domanda di risarcimento in forma specifica prospettata nella memoria di discussione: secondo l’interessata, andrebbe disposta l’effettuazione della procedura di offerta migliorativa, ex art. 77 del r.d. 23 maggio 1924, n. 827, tra i due concorrenti collocati al primo posto della graduatoria parziale relativa alla sola seconda fase della gara.
Infondata è la richiesta relativa al “mancato utile conseguito”, in quanto la riscontrata illegittimità della procedura di gara non dimostra affatto la fondatezza della pretesa sostanziale all’aggiudicazione dell’appalto.
Non è accoglibile nemmeno la richiesta di risarcimento per la “perdita di chances”, posto che l’amministrazione ha il potere di rinnovare la gara, attribuendo all’interessato le stesse possibilità originarie di conseguire l’utilità richiesta.
Le spese possono essere compensate.
accoglie, in parte, l’appello incidentale proposto dal Consiag;
per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati in primo grado, nei sensi specificati in motivazione;
spese compensate;