
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 9 giugno 2022, n. 4685.
Con la sentenza in commento il Consiglio di Stato fa il punto sui presupposti di condonabilità di manufatti edilizi in presenza dell’apposizione di un vincolo di inedificabilità, ai sensi dell’art. 32 del D.L. 269/2003, convertito con modificazioni in l. 326/2003 (c.d. terzo condono).
Innanzi tutto, un abuso commesso su un bene sottoposto a vincolo di inedificabilità, sia esso di natura relativa o assoluta, non può essere condonato quando ricorrono, contemporaneamente le seguenti condizioni: a) l’imposizione del vincolo di inedificabilità prima della esecuzione delle opere; b) la realizzazione delle stesse in assenza o difformità dal titolo edilizio; c) la non conformità alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici (nelle zone sottoposte a vincolo paesistico, sia esso assoluto o relativo, è cioè consentita la sanatoria dei soli abusi formali).
La sanatoria su un’area vincolata, poi, può essere concessa esclusivamente sugli interventi di minore rilevanza, come il restauro, il risanamento conservativo e la manutenzione straordinaria (cfr. n. 4-5-6, All. 1, D.L. 269/2003) e solo previo parere favorevole dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo. Al contrario, invece, non sarebbero in alcun modo suscettibili di sanatoria le opere realizzate in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio, nonché le opere di ristrutturazione edilizia (cfr. n. 1-2-3, All. 1, D.L. 269/2003). E ciò anche se l’area è sottoposta a vincolo di inedificabilità relativa e gli interventi risultano conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti.
In questo contesto, nel caso di specie, il Consiglio di Stato considera assolutamente legittimo il diniego di condono disposto in assenza del parere dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo, dal momento che la disposizione sopracitata esclude in via generale la sanabilità delle opere abusive oggetto del terzo condono nelle zone vincolate, ammettendola soltanto in assenza delle condizioni ostative indicate nell’art. 32 del citato D.L. 269/2003.