Composizione degli interessi plurimi e differenziati e pianificazione di bacino

di 9 Gennaio 2003 Incontri


Commento alla sentenza Corte Cost. n.524 del 09.12.2002 (in questa rivista)

1. La pianificazione di bacino di assetto idrogeologico dopo la legislazione emergenziale

Nel difficile rapporto esistente tra pianificazione di settore degli interessi differenziati e pianificazione urbanistica, s’inserisce la sentenza n.524/2002 della Corte cost. che costituisce l’occasione per fare il punto sul sistema vigente nel nostro ordinamento. Con una complessa quanto disordinata legislazione di emergenza a seguito di numerosi eventi calamitosi verificatisi a partire dal 1998[1] (Sarno) seguiti poi da quelli in Calabria ed in altre regioni, il legislatore ha introdotto nell’ordinamento alcune modifiche sostanziali all’impianto della l.183/89 sulla pianificazione di bacino prevedendo, nello specifico, alcuni piani tematici stralcio di competenza delle Autorità di bacino diretti a fronteggiare le situazioni di rischio più elevato sotto il profilo idrogeologico. I piani di bacino per l’assetto idrogeologico devono contenere l’individuazione delle aree a rischio idrogeologico e la perimetrazione delle aree da sottoporre a misure di salvaguardia, nonché le misure medesime. Per l’adozione dei piani viene anche prevista l’emanazione di un atto d’indirizzo e coordinamento per l’individuazione di criteri da adottare nel determinare le condizioni di rischio. I termini per la loro redazione vengono via via prorogati dal 1999 fino al 30 aprile 2001. In considerazione delle elevate condizioni di rischio, tuttavia, la legge impone, in attesa dei piani di assetto idrogeologico, l’approvazione, entro il 31 ottobre 1999, di piani straordinari diretti a rimuovere le condizioni di rischio più alto[2], in deroga alle procedure della l.183/89, redatti anche su proposta delle regioni e degli enti locali. Si tratta di piani emergenziali e provvisori che comunque comportano perimetrazione e individuazione delle aree a rischio idorgeologico molto elevato per l’incolumità delle persone e per la sicurezza delle infrastrutture e del patrimonio naturale e ambientale. La deroga alla legge 183 si sostanzia nell’eliminazione delle fasi di adozione, di quella del giusto procedimento, prevedendosi solo un’unica approvazione del piano straordinario da parte dell’Autorità di bacino[3]. Al contenuto dei piani si applicano le misure di salvaguardia di cui all’art.6 bis della l.183 e questi dovrebbero contenere anche l’indicazione delle opere urgenti tese a ridurre le condizioni di rischio. Nel caso le opere successivamente realizzate garantiscano la messa in sicurezza delle aree interessate si può procedere alla modifica dei perimetri dei piani, liberando così le aree dai vincoli di salvaguardia. Con lo scadere del termine del 30 aprile 2001 vanno in adozione i primi veri e propri progetti di piano di assetto idrogeologico ma anche per questi il legislatore incide sul procedimento di formazione prevedendo che questo debba basarsi “sugli atti ed i pareri disponibili[4]”entro quella data, al fine del rispetto dei tempi previsti dalla legge. Sul punto basterà osservare che per quanto la Corte affermi che l’urgenza giustifica tempi stretti per la ponderazione dei vari interessi – quello primario della difesa idrogeologica con quelli secondari pubblici e privati – prescindendo anche dai pareri necessari di altre amministrazioni – ancorché regolamente richiesti ma non pervenuti nel termine imposto dalla legge per l’adozione del progetto di piano (30 aprile 2001) – non si può sottacere che per quanto concerne “gli atti” questi sono il risultato di un’attività di pianificazione di bacino ancorché stralcio che deve basarsi su attente e complesse indagini prodromiche di carattere conoscitivo che sotto il profilo amministrativo costituiscono il supporto per l’esercizio dell’attività di discrezionalità tecnica che è alla base dell’imposizione di vincoli idrogeologici e in molti casi d’inedificabilità assoluta e d’immodificabilità dello stato dei luoghi. In sostanza le perimetrazioni – che costituiscono il profilo cartografico delle disposizioni del piano e che in base alle condizioni di rischio impongono una compressione del diritto di proprietà incidendo direttamente sui beni e non solo sui piani urbanistici vigenti – sono determinate sulla base degli studi di carattere idraulico e geomorfologico che richiedono tempi che non possono essere condizionati dalla celerità imposta dal procedimento amministrativo.
E’ bene chiarire infatti che mentre nel caso dei piani[5] straordinari si tratta sostanzialmente di norme provvisorie accompagnate dall’applicazione di misure di salvaguardia, nel caso del piano stralcio di assetto idrogeologico le scelte pianificatorie assumono, nella maggior parte dei casi, al termine del procedimento di approvazione il carattere di veri e propri vincoli conformativi della proprietà. Indagini approssimative causate dall’urgenza delle determinazioni amministrative hanno già prodotto numerosi conflitti giurisdizionali sui contenuti dei piani straordinari di riduzione del rischio, contestandosi da parte dei privati e delle stesse amministrazioni comunali gli atti di discrezionalità tecnica con i quali sono state identificate le condizioni di rischio molto elevato perché non supportate da adeguate indagini tecnico-matematiche e idrauliche[6]. Nel caso dei piani straordinari l’urgenza della salvaguardia e della messa in sicurezza può giustificare l’adozione di scelte sulla base dello stato attuale delle conoscenze – con conseguente imposizione di misure di salvaguardia temporanee – cui si aggiunge anche la previsione che qualunque proposta di rettifica o modifica presentata dalle amministrazioni interessate (soprattutto i comuni) può essere oggetto di variante del piano straordinario[7]. Ma questo sembra assolutamente inammissibile in base al principio di buon andamento e di efficacia dell’azione amministrativa nel caso del piani stralcio che – determinando in modo definitivo le condizioni effettive di rischio idrogeologico o di franosità di determinate aree – necessitano dell’acquisizione di tutti gli elementi tecnici atti a determinare la limitazione del diritto di proprietà in vaste aree interessate dai piani. Peraltro, la disciplina “accelerata” prevista per la redazione ed approvazione dei piani stralcio, sembra essere in contraddizione con le finalità cui si era ispirato il legislatore di poco precedente quando pur prevedendo i piani stralcio, conscio della difficoltà del provvedere, ha previsto appunto i piani straordinari con intento di salvaguardia e d’incolumità immediata delle popolazioni e dei beni ambientali interessati. Emergenza che giustifica anche la straordinarietà del procedimento di formazione. Le aree interessate dai piani straordinari sono sostanziamente le stesse dei piani stralcio, sulle quali comunque gravano le misure di salvaguardia temporanee ma reiterabili; con il piano stralcio si opera una ben più approfondita analisi scientifico e tecnica deve produrre una diversa articolazione delle condizioni di rischio (molto elevato, elevato etc.) rimodulando quindi, se del caso, non solo i perimetri ma anche le condizioni di trasformabilità delle aree: procedimento che non può essere compresso nei tempi imposti dalla legge[8].


Ma il profilo di maggior rilievo attiene all’ulteriore disciplina del procedimento dopo la fase dell’adozione del progetto di piano stralcio. La legge 183/89 prevede a garanzia del giusto procedimento la pubblicazione del piano sulla Gazzetta ufficiale e sui bollettini ufficiali regionali delle regioni interessate con la precisazione dei tempi, luoghi e modalità ove chiunque sia interessato possa prendere visione e consultare la documetazione (art.18 3 co.). Il progetto è altresì inviato alla Conferenza stato-Regioni competente al rilascio del parere sul progetto di piano[9]. Il progetto di piano deve poi essere depositato “almeno” presso le sedi delle regioni e delle province interessate, il che induce a ritenere che ogni Autorità può prevedere altre modalità come ad es. depositare anche in ciascun comune le tavole di piano che interessano quel territorio. Le osservazioni sono invece inoltrate alle regioni territorialmente competenti oppure annotate direttamente in un registro presso ogni sede di consultazione. Spetta poi alle regioni esprimersi sulle osservazioni e formulare un proprio parere: quest’ultimo è naturalmente formulato in stretta collaborazione con gli Uffici tecnici delle Autorità che hanno redatto il progetto. L’art.1 bis commi 3, 4 e 5 del DL12 ottobre 2000 n.279 conv. nella l.11 dicembre 2000 n.365 introduce alcune sostanziali innovazioni innestando sul procedimento descritto la convocazione da parte regionale di una non meglio identificata “conferenza programmatica” articolata per sezioni provinciali o per altro ambito territoriale deliberato dalle regioni stesse, alla quale partecipano province e comuni interessati, unitamente alla regione ed ad un rappresentante dell’Autorità di bacino. La conferenza esprime un parere sul progetto di piano adottato con particolare riferimento all’integrazione a scala provinciale e comunale dei contenuti del piano prevedendo le necessarie prescrizioni idrogeologiche e urbanistiche. Il parere espresso dalla conferenza tiene luogo di quello che la regione è tenuta ad esprimere sul progetto di piano e sulle osservazioni pervenute dai vari centri di riferimento nei quali è stato depositato il progetto. Il Comitato istituzionale dell’Autorità di bacino, nell’adottare il piano stralcio, tiene conto delle determinazioni della conferenza e queste ultime costituiscono variante agli strumenti urbanistici.


2. La conferenza programmatoria come mero modulo procedimentale di confronto degli interessi.


Gli aspetti sui quali si è espressa la Corte Cost. sono tre: sulla natura della conferenza, sull’autonomia del parere regionale in merito alla valutazione delle osservazioni pervenute e sul giudizio complessivo sul progetto di piano, sull’effetto di automatica variazione degli strumenti urbanistici a seguito della deliberazione della conferenza programmatica. I primi due aspetti sono strettamente connessi poiché – riferendosi evidentemente alla disciplina della conferenza dei servizi di cui all’art.14 della l.241 – la Corte afferma che questa non può essere considerata organo collegiale che esprime le proprie determinazioni a maggioranza né tanto meno può essere configurata alla stregua di un accordo che richieda l’unanimità[10]: semmai potrebbe – a nostro avviso – assumere la veste di conferenza di trattazione globale[11] cioè con carattere meramente istruttorio. Di conseguenza nella partecipazione alla conferenza il parere espresso dalla regione conserva la sua autonomia e non può essere assorbito all’interno di una qualunque decisione assunta dalla conferenza che non produrrebbe quindi effetti giuridici sulle scelte di pianificazione ma al massimo di orientamento politico.
Il terzo aspetto – che discende dal parere espresso dalla conferenza nella quale s’inserirebbe il parere regionale – è quello relativo al valore attribuito alla determinazione dell’Autorità di Bacino di automatica variazione degli strumenti urbanistici che, a giudizio della Corte, è in netta violazione con le potestà regionali in materia di pianificazione urbanistica. Un orientamento simile, peraltro, la Corte lo ha espresso già nella sent.206/2001 in materia di sportello alle imprese, affrontando la disciplina della conferenza di servizi convocata su richiesta del privato per la variazione dello strumento urbanistico in contrasto con la disciplina di piano. Anche lì si era posto il problema dell’assorbimento del parere della regione all’interno della conferenza di servizi la cui decisione è presa a maggioranza, configurandosi un esproprio del potere regionale di concorrere a definire l’assetto urbanistico[12].Se il ricorso alla Conferenza programmatica perde molto della sua funzione di strumento di accelerazione e di semplificazione con effetti di variazione automatica degli strumenti urbanistici, cio non di meno può essere considerata modalità attraverso la quale le amministrazioni locali territoriali (province, comuni) e la regione possono acquisire la conoscenza dei contenuti del piano stralcio ed operare un confronto diretto anche con l’Autorità di bacino circa il valore prescrittivo o d’indirizzo delle norme tecniche del piano stesso[13].


Si tratta anzi di confronto essenziale sia dal punto di vista politico che da quello tecnico poiché come ribadito dalla Corte Cost nella sent. 85/1990 “i piani di bacino vengono equiparati ai piani territoriali di settore, non già per significare che si tratta di strumenti inerenti alla disciplina urbanistica (di competenza regionale o provinciale), ma semplicemente al fine-esplicitato dall’art. 17, comma quinto -, di stabilire che i vincoli posti dal predetto piano obbligano immediatamente le amministrazioni e gli enti pubblici (statali e regionali), i quali sono tenuti ad osservarli e ad operare in conseguenza”. “Nello stesso tempo, il carattere vincolante delle prescrizioni idrogeologiche o, comunque, finalizzate alla difesa del suolo é legato all’esigenza logica che il fine conservativo dei piani di bacino sia pregiudiziale e condizionante rispetto agli usi del territorio a fini urbanistici, civili, di sfruttamento dei materiali e di produzione”.


D’altronde la pianificazione di settore, cui appartiene anche il piano di bacino, costituisce un modello di regolazione del territorio diretto soprattutto all’efficacia dei vincoli[14]. Esso privilegia il livello più idoneo di pianificazione nella protezione di alcuni assetti territoriali ed ambientali individuati[15]. Nello stesso tempo anche se gli artt. 5 e 128 della Costituzione, ma oggi la riscrittura dell’intero Titolo V presuppongono una posizione di forte autonomia dei comuni[16] questa non implica una riserva intangibile di funzioni e non esclude che il legislatore statale possa, nell’esercizio della sua competenza, individuare le dimensioni della stessa autonomia, valutando la maggiore efficienza della gestione a livello sovracomunale degli interessi coinvolti. Soprattutto considerando che il rispetto delle autonomie comunali deve armonizzarsi con la verifica e la protezione di concorrenti interessi generali, collegati ad una valutazione più ampia delle esigenze diffuse nel territorio: specie nel caso d’interessi che per il loro peso e dimensione appaiono “differenziati” rispetto a quelli di carattere locale la cui cura rientra nell’ambito delle competenze comunali. Se allora il confronto operato nella Conferenza assume un rilievo strategico per valutare i diversi interessi che si pongono in posizione di contrasto occorre distinguere – rispetto al procedimento delineato dall’art.18 della l.183/89 – tra interessi privati o di altri enti pubblici ed interessi pubblici delle amministrazioni locali e di quella regionale interessati. L’art.18 comma 3 6;7,8 prevede che possono essere presentate osservazioni al progetto di piano da chiunque sia interessato, direttamente alla regione od anche annotandole negli appositi registri ove il piano è depositato in visione. La disciplina, propria di quella urbanistica, prevede che la regione si esprima sulle osservazioni: se queste sono presentate da soggetti privati o da altre amministrazioni pubbliche queste devono essere oggetto di valutazione autonoma da parte della regione e non possono essere dedotte in conferenza ancorché per una valutazione politica. Diversamente, per le osservazioni degli enti locali – presentate nei tempi e nei modi prescritti – che potrebbero essere portate in Conferenza, ove sono presenti gli enti locali interessati, per quanto riguarda ad es. l’integrazione a livello comunale e provinciale dei contenuti del piano stralcio e per una valutazione complessiva delle limitazioni apportate alla pianificazione urbanistica. Confronto assai utile considerando che l’individuazione delle aree di rischio idraulico o franoso non segue i perimetri amministrativi ma insegue la tutela fin dove è necessario[17]. Su queste osservazioni, anche giovandosi della presenza dell’Autorità, la regione potrebbe esprimere il proprio parere direttamente in Conferenza. La conseguenza di tutto ciò è che occorre prevedere una disciplina ed un’organizzazione dei lavori della Conferenza assicurandosi che i rappresentanti degli enti locali siano forniti di espresso mandato, di una segreteria tecnico-organizzativa che istruisca le osservazioni presentate, ne verfichi la presentazione nei termini, una sistema delle decisioni attraverso la redazione di appositi verbali, avendo a mente che comunque queste non richiedono né la maggioranza né l’unanimità. Certamente, il confronto con gli enti locali visto soprattutto sotto il profilo dell’area vasta (provinciale) contribuisce ad “affinare” anche il complessivo parere regionale sul progetto di piano (art.18 co.9) che costituisce comunque un elemento necessario anche se non vincolante per la determinazione dell’Autorità di bacino (nazionale).


3.Le conferenze di pianificazione nella legislazione urbanistica regionale


D’altronde, si va sempre più affermando a livello della legislazione regionale, il ricorso a moduli partecipativi tra diversi livelli di governo per la valutazione dei diversi interessi di cui sono portatori rispettivamente la regione, i comuni e le province nell’ambito dei processi di pianificazione del territorio. In questi casi ciascuna amministrazione in occasione della formazione, dell’aggiornamento o della variazione del piano urbanistico di propria competenza convoca una Conferenza di pianificazione nella quale si valutano la compatibilità e la coerenza delle scelte pianificatorie con le previsioni degli strumenti di pianificazione territoriale sovraordinati vigenti. In altri casi, qualora l’amministrazione provinciale proceda alla redazione del PTCP convoca appositi tavoli di concertazione con i comuni interessati per disciplinare l’apporto collaborativo di questi ultimi alla impostazione generale dei contenuti del piano: prima dell’adozione del piano provinciale quest’ultimo è sottoposto al parere della conferenza dei comuni[18]. Le ragioni di questo diverso atteggiarsi dei poteri pubblici territoriali risiede principalmente sia nel superamento dei rapporti di sovraordinazione/subordinazione tra ente superiore ed ente inferiore, in presenza dell’affermarsi di un rapporto di equiordinazione tra gli enti, sia nel riconoscimento di una loro marcata autonomia, principi costituzionalizzati dall’art.114 cost. 1 e 2 co..
L’applicazione di questi principi si riverbera anche sull’esercizio dei poteri di pianificazione territoriale di province e comuni ponendosi i piani in una posizione di reciproca autonomia rispetto alla cura degli interessi di competenza dell’ente, cosicché il rapporto tra questi si misura solo in base all’eventuale contrasto nella cura dei diversi interessi. Nello specifico ad es. il piano provinciale costituisce il limite oltre il quale l’azione comunale si deve arrestare rispettando il livello sovralocale degli interessi provinciali, mentre al contrario la cura del livello locale degli interessi costituisce una sorta di riserva del piano regolatore comunale[19].
Si tratta comunque – per riprendere la disciplina della 365/2000 e l’orientamento della Corte – di conferenze programmatorie di natura politica, che si situano nella fase d’iniziativa dei procedimenti pianificatori, senza che sia previsto alcun sistema di decisione né a maggioranza né all’unanimità, anche se in alcuni casi si prevede che le amministrazoni convocate, i cui rappresentanti abbiano espresso mandato, devono esprimere definitivamente e in modo vincolante la volontà dell’ente[20]. Nel caso in cui le amministrazioni intendano raggiungere un obiettivo comune rispetto al diverso rapporto tra gli interessi ricorrono ad un accordo di pianificazione regolato ai sensi dell’art.15 della l.241/90[21].

Paolo Urbani


NOTE
[1] DL 11 giugno 1998 n.180 conv. Nella legge di conversione 3 agosto 1998 n.267.

[2] DL 13 maggio 1999 n.132 conv nella l.13 luglio 1999 n.226. Il termine di adozione dei piani è fissato al 31 ottobre 1999 con esercizio di poteri sostitutivi da parte del Con dei Ministri.

Per la disciplina della LR Liguria 36/97 M.A.Quaglia, Le decisioni urbanistiche in Liguria tra sussidiarietà e coordinamento, in E. Ferrari, (a cura di) L’uso della aree urbane e la qualità dell’abitato Giuffré 2000 319 s. s.

[3] Si rammenta che il procedimento relativo alla formazione del piano di bacino prevede l’adozione dello schema di piano, la sua pubblicazione al fine di permettere le osservazioni, una seconda adozione da parte del Comitato istituzionale sulla base delle osservazioni pervenute ed una definitiva apporovazione da parte del Con dei Ministri.

[4] Art.1 bis co 2 del DL279 del 12 ottobre 2000 conv nella L.11 dicembre 2000 n.365.

[5] In verità questi "piani" hanno ben poco a che vedere con "un’ordinata spaziale e temporale a fini di risultato" riducendosi a mere perimetrazioni delle aree a rischio conclamato.

[6] TSAP 9 ottobre 2000

[7] Da sottolineare che l’Autorità di bacino del Tevere con delibera del Comitato istituzionale 18 dicembre 2001 in GU 25/1/2002 s.g. n.21 ha attribuito al segretario dell’Autorità l’emanazione di un decreto segretariale, sulla base di parere conforme dell’autorità preposta alla tutela dei vincoli idrogeologici, nel caso di rettifica del piano straordinario per semplificare il procedimento evitando così l’intervento del Comitato per ogni variazione di piano.

[8] E’ bene sottolineare che i piani in parola si differenziano profondamente rispetto ai contenuti anche se riguardano entrambi due profili: quello idraulico e quello franoso. Nella disciplina dei piani straordinari che tratta i casi di rischio più elevato vi è una perimetrazione delle aree a rischio di esondazione e di quelle a rischio di movimenti franosi con l’indicazione delle limitazioni alle attività di trasformazione del territorio e l’indicazione di un quadro di possibili interventi strutturali diretti alla messa in sicurezza dei siti. Il piano stralcio di assetto idrogeologico è molto più complesso ed articolato prevedendosi per entrambi i profili una differenziazione della disciplina articolata in prescrizioni quadro, prescrizioni dirette ed interventi di consolidamento, sistemazioni idraulico-forestali, di difesa idraulica, di manutenzione idraulica e idrogeologica, di disciplina dell’estrazione di materiale inerte etc. In particolare per quanto riguarda il rischio idraulico si adotta la tecnica dell’azzonamento dividendo il territorio interessato in fasce A,B,C cui corrisponde una diversa disciplina delle trasformazioni e l’identificazione dei livelli di rischio (R4,R3).Per quanto riguarda gli aspetti franosi si fa riferimento ad elaborati cartografici quali ‘l’inventario dei movimenti franosi’ e l’atlante delle situazioni di rischio di frana (R4,R3) cui si applicano limitazioni alle trasformazioni del territorio.

[9] La competenza era del Comitato nazionale della difesa del suolo soppresso con D.Lgs.

[10] Sulle modificazioni del sistema di decisioni nella conferenza dei servizi vedi A Battini, la legge di semplificazione 1999 in GDA 5/2001, 451 s.; più in generale D. D’Orsogna, Conferenza dei servizi ed amministrazione della complessità, Giappichelli, 2002.

[11] Giannini,M.S., Diritto Amministrativo Vol.I 1970

[12] Anche nella sent.393/92 la Corte ha dichiarato incostituzionale l’art.16 della l.179/92 che prevedeva in materia di procedimento di variante del PRG a seguito di adozione del Programma integrato d’intervento la regola del silenzio-assenso da parte della regione in fase di controllo dello strumento urbanistico.(quarto comma).

[13] In tal senso, la previsione normativa prevista solo per il piano stralcio di assetto idrogeologico potrebbe essere assunta dalle regioni come modalità ordinaria di confronto tra i diversi interessi espressi a livello territoriale anche dagli altri tipi di pianificazione di settore. Va osservato comunque che giusta la disposizione della l.365/2000 in molti casi le regioni hanno attivato le procedure per la consultazione delle Conferenze programmatiche.


[14] L’art.17 5 co. della l.183/89 prevede che "le disposizioni del piano di bacino hanno carattere immediatamente vincolante per le amministrazioni e gli enti pubblici, nonché per i soggetti privati, ove trattasi di prescrizioni dichiarate di tale efficacia dallo stesso piano di bacino".

[15] Sent Corte Cost.328/200016

[16] Sia consentito inviare a P.Urbani, l’allocazione delle funzioni amministrative secondo il Titolo V della Cost.: una prima lettura, in S.Gambino (a cura di)Il nuovo ordinamento regionale Giuffré 2003, 85 s.

[17] Sia consentito rinviare a P.Urbani, La pianificazione per la tutela dell’ambiente, delle acque e per la difesa del suolo, in RGA 2001, 199 s.

[18] LR Lombardia 1/2000.

[19] Sui rapporti tra pianificazione provinciale e pianificazione comunale L.De Lucia, Pianificazione terriotriale di area vasta e pluralismo amministrativo parte I e II, in RGU 2000 39 s, 253 s.


[20] LR Calabria, 19/2002;

[21] L.R.E.Romagna 20/2000.