La società ricorrente aveva qualificato l’intervento edificatorio – volto alla demolizione di un immobile di due piani semi-residenziale e alla ricostruzione al suo posto di una palazzina ad uso residenziale di cinque piani – come ristrutturazione edilizia anziché come nuova costruzione. Ciò rendeva applicabile alla fattispecie, a suo dire, la disciplina di cui all’art. 10 del Decreto-Legge 16 luglio 2020, n. 76 (c.d. “Decreto Semplificazioni”) convertito con modificazioni dalla L. 11 settembre 2020, n. 120 che ammette demolizioni e ricostruzioni con diversa sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche a vari fini (rispetto normativa antisismica, interventi di rigenerazione urbana, ecc.) purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza. Di diverso avviso era il Comune che aveva invece qualificato l’intervento come nuova costruzione applicandovi i limiti relativi al parametro della superficie coperta del proprio Piano di Governo del Territorio.
Su detto ricorso il T.A.R. Lombardia si è espresso con sentenza 23/07/2025 n. 2757 respingendolo e confermando la legittimità del provvedimento comunale di inibizione della S.C.I.A. alternativa al permesso di costruire.
In particolare, il ragionamento del giudice amministrativo si è fondato sul fatto che – pur ammettendo che nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi gli interventi di demolizione e ricostruzione di edifici esistenti con diversa sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche (art. 10 D.L. 76/2020 che ha modificato l’art. 3, lett. d) del D.P.R. n. 380/2001) – ciò che rileva ai fini della legittimità dell’intervento è la presenza di una forma di continuità fra i due immobili, quello da demolire e quello da realizzare.
Nel caso di specie il T.A.R. ha ravvisato che vi fossero chiari elementi fattuali da cui dedurre l’insussistenza di qualsivoglia forma di continuità fra i due immobili stante la sostituzione di un edificio a due piani, di cui uno solo adibito a residenza, con una palazzina di cinque piani fuori terra, oltre il piano interrato, composta da otto appartamenti che avrebbe evidentemente prodotto un carico urbanistico ampiamente superiore rispetto a quello dell’immobile precedente.



